Quando ascolti distrattamente i giornali radio della mattina, mentre ti stai preparando per andare al lavoro e intanto rifai il letto, dai l’acqua alle piante, lavi la tazza della colazione, ti può capitare di commentare una notizia d’istinto, senza inquadrarla nel momento storico.
E’ quello che mi è successo stamattina. Riferivano che alcuni giornalisti hanno chiesto al presidente Napolitano se andrà a votare per i referendum del 12 e 13 giugno: “Che domanda del cazzo!”, è stata – confesso – la mia prima reazione. Sbagliavo. Sarebbe stata una domanda del cazzo se questo fosse un Paese dove i vertici istituzionali danno il buon esempio, lo sarebbe stata se qualcuno si ricordasse ancora quanta fatica, lacrime e sangue, è costato nei secoli ottenere il diritto di voto, se qualcuno si ricordasse ancora che un tempo se non eri ricco non ti facevano votare, se non eri istruito non ti facevano votare, se eri donna non ti facevano votare. E lo sarebbe stata se qualcuno si ricordasse che in questo Paese – non troppo tempo fa – c’era un regime fascista che gradualmente ha tolto la parola agli oppositori, ha condizionato la stampa, ha chiuso le urne elettorali e c’è voluto tutto il coraggio e tutta l’indignazione del mondo e ci sono voluti i ragazzi morti sulle montagne per riconquistare il diritto di voto e di parola. E lo sarebbe stata se fosse chiaro a tutti quanto il voto sia una grande conquista: diritto-dovere – così ce lo spiegavano a scuola quando si faceva Educazione civica -; dovere soltanto civico, certo, che non implica conseguenze penali o sanzioni di alcun tipo se non vai a votare. Però se non lo eserciti significa che non lo sai quanta fatica è costato conquistare questo diritto. Di più: significa che se hai dimostrato tanto disinteresse per le cose del tuo Paese, non è che all’improvviso ti svegli la mattina e decidi che anche tu vuoi incidere. Lo so, nel frattempo l’astensione ha assunto sempre più il significato di un voto politico e questo discorso non vale più, ma vi assicuro che è forte la voglia di dirgliene quattro a quelli che non vanno a votare e poi si lamentano.
Ma torniamo a Napolitano: alla presunta “domanda del cazzo” (dal momento che in un Paese civile è ovvio che le massime istituzioni diano l’esempio), il presidente Napolitano ha dato una risposta necessariamente altrettanto “del cazzo”, dicendo che farà “il suo dovere”. Cioè ha risposto con un’ovvietà ad una domanda che non avrebbe neppure essere posta se non fosse che dall’altro lato c’è un altro presidente, quello del consiglio, che da mesi fa di tutto e con tutti i mezzi (dalle finte modifiche di legge alla richiesta di intervento della Corte costituzionale) per vanificare questi quattro referendum, fino a definire “inutile” quello sul nucleare (e qualcuno dovrebbe spiegare a Berlusconi – che non fa altro che ripetere di essere stato eletto dal popolo – che al referendum è il popolo che si esprime e che il voto del popolo non è inutile o utile a seconda del suo comodo).
Ma i giornalisti di un Paese che cammina a mani in giù e piedi in aria purtroppo quella domanda a Napolitano hanno dovuto farla, proprio perché c’è uno – che dovrebbe avere la stessa autorevolezza e dare il buon esempio – che invece ha definito inutile un referendum. E se continua così, finirà che i giornalisti al Presidente della Repubblica dovranno chiedere se è vero che uccidere è reato, se è vero che i mafiosi non sono eroi ma bastardi, se è giusto che corrompendo qualcuno si vada in galera, se è normale che la legge sia uguale per tutti.
Io il 12 e 13 giugno ci andrò a votare, come ho sempre fatto del resto (tranne una volta sola: quasi si trattava di scegliere come presidente della provincia fra un fascista e un fascistello), e mi auguro che almeno questa volta i cultori dell’astensionismo deroghino rispetto alle loro abitudini: perché l’accanimento con il quale l’assassino di democrazia che occupa la poltrona di palazzo Chigi persegue, malgrado i risultati elettorali di qualche giorno fa, il compito affidatogli da Licio Gelli (e la cancellazione di Annozero, al di là di ogni logica, è solo l’ultimo guanto di sfida lanciato alla democrazia), alla fine si tradurrà nella cancellazione di tutti i diritti. E non ci toglieranno solo l’acqua, ma pure l’aria.
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