Secondo la religione cattolica, quando uno muore - se è stato buono – la sua anima sale in cielo mentre il suo corpo resta sulla terra. Decomponendosi e producendo una serie di schifezze anche potenzialmente nocive per la salute dei vivi, tanto che Napoleone Bonaparte – più per questioni igieniche che democratiche – a un certo punto, con l’editto di Saint-Cloud del 1804, poi esteso anche all’Italia, decise di “livellare” tutti davanti alla morte istituendo l’obbligo di costruire i cimiteri fuori dai centri abitati. Con qualche eccezione – perché i governanti sono sempre governanti e ci tengono a tenersi buoni i ricchi e i preti – per nobili e vescovi, che potevano continuare a farsi seppellire nelle loro lussuose dimore e non sporcarsi le mani con il volgo.
Ora il sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, che è anche senatore della Repubblica italiana, non si sa bene se perché convinto di essere il grande condottiero (ma ce n’è già uno nel suo partito che ha di queste convinzioni: lasci perdere) o se perché ha preso talmente alla lettera il suo ruolo di parlamentare di tutti gli italiani, certo è che a un certo punto ha cominciato a preoccuparsi delle monache e dei monaci di clausura di due conventi che si trovano uno a Cesena e l’altro a San Giacomo di Veglia, in provincia di Treviso, cioè rispettivamente a circa 1200 e 1400 chilometri da Catania, per firmare un disegno di legge in cui non soltanto si prevede che i religiosi possano essere sepolti lì dove hanno vissuto tutta la vita (cos’è, si preoccupa che fuori – da morti - possano accorgersi che il mondo, pur con tutti i suoi problemi, è molto più divertente di una prigione?) ma addirittura che, per non disturbare, vieta di costruire nelle vicinanze e impone comunque di limitare le attività umane.
Vorrei dirgli un po’ di cose:
1) Se è vero che morendo, almeno quelli buoni, l’anima va in paradiso e i resti mortali, in quanto mortali, appunto, muoiono e quindi vengono privati dei cinque sensi, immagino che una volta morte le anime delle suore svolazzino fra cieli limpidi al suono dell’arpa (saicheduecoglioni!) mentre i loro resti sottoterra non si accorgono affatto del rumore intorno.
2) Io invece ci sento benissimo ed essendo sua concittadina e cittadina di una città amministrata da Lei, mi chiedo perché tanto interesse per la tranquillità dei monaci romagnoli e veneti e perché invece – per esempio - non arma di bacchette i vigili urbani con il compito ben preciso di dare bacchettate sulle mani ai suoi e miei incivilissimi concittadini quando si incollano al clacson nelle ore del riposo o in prossimità degli ospedali, dove ci sono dei vivi che non stanno tanto bene e vorrebbero almeno essere lasciati in pace. Così come nella città di cui Lei è sindaco, ci sono vivi che vorrebbero lavorare, vivi che vorrebbero non pagare il pizzo, vivi che vorrebbero prendere l’autobus senza arrivare tardi al lavoro, vivi anziani che vorrebbero essere accuditi, vivi piccolissimi che vorrebbero andare al nido ed essere certi di non essere tenuti a pane e acqua, vivi che vorrebbero camminare sui marciapiedi senza trovarli occupati dalle macchine, vivi che vorrebbero respirare aria e non smog, vivi che vorrebbero passeggiare a naso all’insù per guardare i monumenti e invece devono stare a testa bassa per evitare di finire con le scarpe nella merda…
3) Ho un sospetto: che il suo interesse per la quiete nei conventi del nord Italia dipenda dal fatto che lei ci va in vacanza. E però, se lo lasci dire: non le conviene andare in un posto così tranquillo dove si può riflettere senza che il pensiero venga distolto da agenti esterni. Perché penso che anche lei, se si fermasse a riflettere su quello che ha fatto a Catania, riducendola al livello di una latrina en plein air, non riuscirebbe a trovare nemmeno una ragione per autoassolversi. E nemmeno le suore, anche se gli ha fatto una leggina tutta per loro (ad sorores?), riuscirebbero ad assolverla.
Comunque, sappia che se dovesse decidere di ritirarsi in convento a meditare, il più lontano possibile da Catania, diciamo fra 1200 e 1400 chilometri biglietto di sola andata, ce ne faremo una ragione.
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