Da qualche giorno gli orologi di casa mi si stanno rivoltando contro. Essendo io una nevrotica con la fissa della puntualità, secondo la quale l’arrivare in ritardo si giustifica soltanto con il fatto che sei morto strada facendo (che poi, in quel caso, non è che arrivi in ritardo: proprio non arrivi), tengo tutti i miei orologi almeno cinque minuti avanti e la radiosveglia sul comodino addirittura di sette-otto minuti avanti preferendo ridurre i tempi di alcune fra le cose più piacevoli della vita piuttosto che viverle con l’ansia del ritardo.
Ebbene, da qualche giorno i miei orologi hanno deciso di farmi pagare questa sorta di senso di onnipotenza che mi spinge a voler governare il tempo e si stanno ribellando. A cominciare per primo è stato quello del soggiorno: cinque minuti indietro. E però, siccome va a pile, ci sta. E ci sta pure il fatto che vada indietro: è quasi normale che un orologio o perché è vecchiotto o perché hai dimenticato di metterlo in carica o, appunto, perché si stanno scaricando le batterie perda qualche minuto per strada. Poi però ci si è messo pure quello della camera da letto, quello dei sette-otto minuti in più: “Tu hai la pretesa di imporre al tempo i tuoi ritmi? Tu mi vuoi fare andare di fretta? E io mi metto a correre! Alla velocità della luce!” E via come un pazzo, a gambe levate. Non faccio in tempo a rimetterlo a posto (cioè, a posto a modo mio: sempre avanti di quei sette-otto minuti), faccio un giro per casa, metto in ordine qualcosa, torno indietro e lui è già in disordine, per la sua strada: quindici minuti, anche venti in più, in vista di chissà quale traguardo. O forse solo per farsi beffe della mia smania di puntualità.
Più crudele è stato quello del computer. Di solito, quando va via la luce, le impostazioni sballano tutte e – non so bene per quale ragione – la data torna a un giorno di febbraio del 2002 mentre l’ora varia di volta in volta, a seconda dell’estro. Stavolta la luce non era andata via, eppure qualcosa era successo: l’ora era quella giusta (con i suoi – ça va sans dire – puntuali cinque minuti in più), ma il giorno era ieri. Con le conseguenze del caso, che non sai se la verità è che la sera precedente hai bevuto un goccio di birra e sei ancora stordita o se non ti sei ancora alzata e stai sognando: già, perché apri il programma di mail e lui ti dà, con la data di oggi, le mail che avevi già letto ieri. O hai solo la sensazione di averle già lette ieri? Mah!
Insomma, per fare una verifica sono andata in camera di mio figlio, a guardare la sua radiosveglia che da qualche giorno avevo ignorato: forse era offesa per essere stata trascurata, fatto sta che era con le valigie in mano pronta per partire. Anzi, era già sulla rampa di lancio di Cape Canaveral con il fuoco sotto il culo a un attimo dal decollo verso lo spazio: trentacinque minuti avanti!
Come se non bastasse, qualcuno – ritardatario cronico (Cronografico? Cronologico? Cronometrico?) – ha dimenticato a casa mia il suo orologio da polso. Sono andata a controllare: spacca il secondo!
Alla fine, i ricercatori del Dipartimento di energia elettrica dell’Università di Catania – dopo avere messo insieme troppe segnalazioni simili perché non ci fosse una spiegazione razionale – hanno chiarito che sì, è vero, gli orologi digitali vanno avanti forse per la presenza di generatori di energia (come gli impianti fotovoltaici) che possono causare delle variazioni di frequenza, mentre qualcun altro pensa che la responsabilità possa essere attribuita al fatto che in questi giorni si stanno effettuando lavori al cavo sottomarino che porta l’energia elettrica in Sicilia e questo provocherebbe sbalzi nell’erogazione della corrente elettrica.
Sarà, ma non sono del tutto sicura che gli orologi (e gli uomini) non stiano cercando di scappare da questo tempo.
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