E dunque, dopo essersi fatto notare per avere scaldato gli scranni prima a Palazzo degli Elefanti e poi al Parlamento nazionale, il giovane rampollo di una delle famiglie politiche che comandano a Catania da almeno quarant’anni, allevato a pane e apparati, a consociativismo inzuppato nel latte, recentemente colpito da presenzialismo galoppante che lo ha visto presiedere conferenze sul clientel…pardon…sull’occupazione e inventarsi movimentista presentandosi ovunque ci fossero folle a cui far credere, per esempio, che il Pd ha vinto le recenti elezioni amministrative finalmente ha gettato la maschera. E, in nome di un presunto rinnovamento alla Renzi (quello che va in pellegrinaggio da Berlusconi forse sperando di raccattare qualche briciola di gnocca e una sniffata di potere) che passerebbe soltanto per il certificato di nascita, Giuseppe Berretta, parlamentare del Pd per grazia ricevuta, sembra abbia ufficializzato la propria candidatura a sindaco di Catania. Ovviamente (e ci saremmo preoccupati del contrario) passando per le primarie. Perché loro sì che sono democratici.
E’ il caso di ricordare che Giuseppe Berretta è uno dei più convinti paladini del sostegno al governo regionale di Raffaele Lombardo, un convertito - si direbbe – leggendo quanto scriveva meno di due anni fa ed esattamente il 5 dicembre 2009: “Noi non c’entriamo nulla con l’Mpa, col Pdl né con l’Udc, non c’entriamo con le loro storie, con i loro governi, anche perché li conosciamo bene: a Catania, come a Palermo e a Roma”. E cos’è successo, di grazia, che nel frattempo – mentre si fanno sempre più pesanti e insistenti le accuse al governatore di avere rapporti con la mafia - ha fatto diventare Lombardo un santo? Il giovane Berretta, classe 1970, ha fatto un po’ di conti?
Voglio precisare che io non sopporto quelli che hanno superato i cinquant’anni che, per il solo fatto di essere al mondo da mezzo secolo e anche se (e soprattutto se) non hanno capito un cazzo della vita, solo per aver vissuto più degli altri pensano di avere diritto di salire in cattedra e dare lezioni – considerando deficienti i giovani e, con le loro odiose paternali, facendoli scappare a gambe levate -, ma ancor meno sopporto i presunti giovani, vecchi dentro, giovani che bramano e tramano per il potere fine a se stesso.
E ci sarebbe anche da sottolineare quanto siano giovani, giovani dentro, giovani, emozionati ed entusiasti, quelli che fanno politica per passione e che spesso sono proprio i “penalizzati” dall’anagrafe. A parte che questa esaltazione a tutti i costi della giovane età mi ricorda tanto il mito fascista della giovinezza e della forma fisica, riproposto poi nelle frequentazioni femminili da Silvio Berlusconi. E poi a questa generazione dei quarantenni alla Renzi, quarantenni ammuffiti, vorrei chiedere: come si fa il calcolo? Uno è giovane fino a quarant’anni e a quarantuno non lo è più? E’ vecchio a quaranta e mezzo o a cinquanta e mezzo? E chi può essere – dal momento che quella dell’età è una cazzata col botto, usata da chi non ha altri argomenti e sa di non essere credibile - il giudice supremo della vecchiaia o della giovinezza di qualcuno? Immagino che della commissione esaminatrice che dovrà decidere chi dovrà guidare Catania o l’intero Paese faranno parte il giovane Renzi e il giovane Berretta e magari, come membro esterno, ci mettiamo pure il Trota che rappresenta il futuro politico dell’Italia.
Non mi piace e considero ipocrita, retorica e vomitevole questa contrapposizione fra presunti vecchi e sedicenti giovani, la cui sola età sarebbe la panacea di tutti i mali: giovani/vecchi che come unico obiettivo hanno la gestione del potere.
L’unica contrapposizione che riconosco è quella - netta e senza possibilità di inciuci - fra chi si batte per il lavoro, per i diritti e per la legalità e chi invece sta dalla parte dei padroni, del potere clientelare, del lavoro come favore, della sanità negata, degli appalti senza gara, dei rapporti elettorali con i boss. Si chiamano - con una semplificazione che fa ricorso alle “vecchie” categorie in uggia ai rottamatori - rispettivamente sinistra e destra. Ma forse il giovane Berretta è ancora troppo giovane (o troppo vecchio e scafato) per capire questa differenza
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