lunedì 27 febbraio 2012

Vorrei lavorare nella mia terra: mi devo vergognare?

Questo racconto è dedicato al viceministro Martone che fa rima con se stesso, alla ministra Bobby Sola (e che sòla!), al presidente del Consiglio Mario Ccheddupalleilpostofisso, oltre che a Emmaghepensimì (sorella di Antonio e figlia di Steno, il primo condannato per mazzette, il secondo indagato per smaltimento illegale di rifiuti pericolosi), a Veltrusconi, a tutti quelli che "è tutta colpa dei sindacati" e che esercitano la lotta e l'odio di classe verso lavoratori di qualsiasi età e pensionati.

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Qualche giorno fa ho conosciuto una "sfigata"; direi, anzi, una "ipermegasupersfigata", perché Chiara di anni ne ha trentadue e dunque è fuori di quattro da quel limite di ventotto che il figlio del pitreista considera scandaloso se non si è ancora laureati. Ma Chiara è anche l'esempio lampante di quanto gli esponenti di questo governo di destra - impiegati di banche a tempo indeterminato -, che conoscono le lingue e il mondo, ignorino totalmente quello che accade realmente in Italia e contro quali muri vadano a sbattere i giovani italiani in cerca di lavoro. Così come è l'esempio di quanto danno abbiano fatto al mondo del lavoro tutte quelli leggi e leggine fatte dal precedente governo di destra contro i lavoratori.
Chiara aveva poco più di vent'anni quando, grazie alla sua conoscenza delle Lingue e al suo desiderio di non fare la muffa a Catania, fu assunta a Disneyland Paris. Uno stipendio che qui e a quell'età te lo sogni (1.100 euro al mese), 35 ore settimanali, contratto a tempo indeterminato. Una pacchia: fai un lavoro che ti piace e, malgrado il noiosissimo "posto fisso", non ti annoi e impari: perché lì la mobilità c'è ma significa cambiare settore e dunque fare esperienza all'interno della stessa azienda. Tanto che a un certo punto puoi pure decidere di andartene, di cambiare aria: perché con quello che hai imparato, "a spasso" non ci resti. Infatti "è stato molto facile - ricorda - trovare un altro lavoro": prima sempre a Parigi sui bateaux-mouches e in un negozio di abbigliamento, poi in Tunisia come accompagnatrice turistica. E chi glielo doveva dire che - costretta a rientrare a Catania - tutta la sua esperienza la poteva buttare nel cesso? "Lavoretti in nero, contratti occasionali", questo era tutto quello che le offrivano. E però - qualunque cosa ne pensino i professoroni dal caldo del loro posto fisso - Chiara non è una che si perde d'animo, non si lascia vincere dallo sconforto, non è una bambocciona: si rimette a studiare e in più, con quello che ha guadagnato in Francia in termini economici e di esperienza, si fa imprenditrice di se stessa e apre un'agenzia di viaggi on-line: "Pensavo potesse essere il mio futuro, poi c'erano troppe spese e non ce l'ho fatta più. Ancora oggi continuo a pagare cose dell'agenzia, perdo tempo con questioni burocratiche e intanto gli anni passano".
Ma arrivò la svolta, almeno così pensava: qualcuno le segnalò che nella home page del sito della Windjet sul banner scorreva l'annuncio di una selezione per la formazione di assistenti di volo. Corso a pagamento che non assicurava l'assunzione, ma costituiva "titolo preferenziale", e la cifra non era esattamente alla portata di tutti: 4.500 euro che Chiara avrebbe racimolato anche grazie a un contributo da parte dei suoi genitori (e spero che non si scandalizzeranno i ministri senz'anima: di solito i genitori, quando possono, li aiutano i figli). Era il gennaio 2010 quando mandò il suo curriculum e l'indomani ricevette la telefonata della compagnia di bandiera siciliana. Ammessa insieme ad altri sedici: alla fine di tre mesi di corso, passano tutti l'esame e comincia la fase di "familiarizzazione" - cioè l'affiancamento con assistenti di volo di più lunga esperienza -, non superata soltanto da due di loro, e dal primo maggio per gli altri quindici contratto a tempo indeterminato con periodo di prova di durata non superiore a sei mesi. Mesi difficili, con cambi di turno improvvisi, le ore di lavoro giornaliere che si dilatavano fino a diventare quattordici, il disagio di non poter rientrare perché l'aereo si era rotto, ma stringevano i denti e andavano avanti. Anche perché, di contro, c'erano le verifiche intermedie che andavano sempre bene ed erano accompagnate dai complimenti dei capi. Fino al 25 ottobre, cinque giorni prima della scadenza del periodo di prova, quando arrivò quella che Chiara chiama "una lama fredda dentro il petto": un telegramma che, senza alcuna motivazione, annunciava la rescissione del contratto "con decorrenza immediata". Telegramma arrivato a sedici su diciassette: la diciassettesima - sottolinea Chiara - è rimasta al suo posto, forse perché si trovava su un volo, nel settembre 2010, incorso in un fuoripista fortunatamente senza gravi conseguenze ma oggetto delle indagini della magistratura. Era brava la sua collega e meritava di restare, "ma anche noi ce lo meritavamo". Però non dovranno testimoniare in alcun processo.
Insomma, li licenziano senza che nessuno abbia mai avuto da obiettare sulla loro preparazione. E, anzi, con una beffa in più: la telefonata che la manager avrebbe fatto a ciascuno dei sedici licenziati per dirsi dispiaciuta, per ribadire che il loro era uno dei corsi migliori mai avuti e per spiegare che il licenziamento era per esubero di personale, perché l'azienda era in crisi dopo il danno d'immagine dovuto proprio all'incidente di Palermo. Ma intanto, dall'indomani del loro licenziamento, sul banner del sito di Windjet si continuava a reclutare allievi per nuovi corsi di formazione per assistenti di volo, senza contare il fatto che si assumevamo stagionali per i momenti in cui il traffico aereo si intensificava. Adesso quell'annuncio in home page non c'è più: l'hanno spostato nella sezione "Lavora con noi". E si tratta sempre di corsi di tre mesi, del costo di 4.500 euro a carico degli allievi, per i quali sono in molti ad affermare - sia pure nell'anonimato - che la Windjet percepisca anche dei contributi da parte della Regione Sicilia. Come dire che con questo giochetto (pare che altri allievi di corsi precedenti e successivi siano stati assunti e licenziati prima che scadesse il periodo di prova) gli assistenti di volo pagano per lavorare, mentre per l'azienda il costo è pari quasi a zero.
Ma in questa battaglia Chiara è sola. Lei è Chiara Falsaperla, una giovane donna coraggiosa che qualche tempo fa - unica fra i suoi colleghi - ha denunciato con una lettera ai giornali locali quanto le era accaduto, aggiungendo che per di più all'Inps risulta licenziata per non aver superato il periodo di prova, presentazione negativa che scoraggerebbe altre aziende dall'assumerla. Gli altri non parlano: forse sperano ancora di essere riassunti o forse hanno paura di ritorsioni. Perché, a quanto pare, la Windjet non sarebbe nuova ad atteggiamenti contro i lavoratori: qualche anno fa, un articolo sul Corriere della Sera parlò di "atteggiamenti vessatori" e addirittura di minacce di morte che Antonino Pulvirenti, proprietario della compagnia aerea e del Catania calcio, avrebbe rivolto ad alcuni piloti che volevano costituire un sindacato. Tanto che in quell'occasione fu presentato un esposto in Procura. Che non ha dissuaso Pulvirenti dai comportamenti antisindacali: ancora oggi i dipendenti di quella che sul sito si presenta come "una realtà in forte crescita" sarebbero in arretrato di alcuni mesi e in attesa del rinnovo del contratto, scaduto nel dicembre 2010, ma non riescono ad avere chiarimenti e sembra che abbiano appreso soltanto dai giornali di un'ipotetica cessione ad Alitalia che confermerebbe lo stato di crisi. Eppure nessun lavoratore parla perché - come afferma qualche ben informato - là dentro si vivrebbe in "uno stato di terrore".
Intanto Chiara ha ripreso a studiare, fra un anno conta di laurearsi e dice che, sì, potrebbe pure mandare il suo curriculum all'Air France ed è quasi certa che la prenderebbero: "Ma io non me ne voglio andare, qui ho il mio compagno, viviamo insieme e stiamo bene insieme: perché è così strano che io voglia pensare a farmi qui una famiglia? Mi devo vergognare per questo?"

1 commento:

  1. La solita imprenditoralietà casereccia, arraffona dei finanziamenti pubblici e vessatoria dei dipendenti.
    Per me gente come Antonio Pulvirenti non puo' nenache essere definita imprenditore, solo rapace!

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