Ciclicamente, in Sicilia e non solo, interi equipaggi dei pescherecci vengono arrestati per avere salvato migranti in difficoltà: per avere, in fin dei conti, fatto prevalere le leggi della vita e della solidarietà fra chi va per mare. E non c'è bisogno di scomodare Verga per sapere il carico di angoscia (altro che lupini!) che si porta dietro ogni battuta di pesca per famiglie siciliane strutturate ancora come due secoli fa, quando i maschi partivano e non si sapeva se sarebbero tornati e, se tornavano, spesso la barca era vuota e non si mangiava. Come non mangiano - per tutto il tempo che i loro congiunti trascorrono in carcere - le famiglie dei pescatori arrestati per un gesto di umanità.
Non lo ha compiuto - a quanto sembra - questo gesto di umanità e non ha fatto prevalere le leggi del mare e della solidarietà il comandante Schettino, del quale oggi emerge un'immagine da viveur da strapazzo (forse ubriaco, forse fatto di qualcosa, forse troppo occupato a fare il gallo con qualche passeggera, certamente codardo e con scarsissimo senso del dovere), ma il gip ha deciso che il massimo di arresti da infliggergli era quello al caldo di casa sua, con moglie e figlia. Decisione non condivisa dal procuratore di Grosseto, che infatti farà opposizione, perché non si capisce in base a quale ragionamento sarebbero cadute le tre motivazioni che inducono agli arresti in carcere e cioè il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove.
Cominciando da quest'ultimo punto, mi sembra "ingenua" la raccomandazione che il gip gli ha fatto di non avere rapporti con nessuno all'esterno e forse ci sarebbe da fare una riflessione sullo stesso istituto degli arresti domiciliari che, se (mi pare di capire, da profana di questioni giuridiche) ancora applicato con i parametri di venti o trent'anni fa, risulta uno strumento assolutamente desueto. Ma come si fa a pensare che oggi un detenuto agli arresti domiciliari (Schettino, ma anche un trafficante di droga o un mafioso) non abbia mille modi, fra mail, chat o altro per comunicare con l'esterno? Come si può pensare che non si faccia procurare una scheda nuova per il suo telefonino? E come si fa a non pensare che - dato il gravissimo reato di cui si è macchiato e dato il suo "profilo psicologico" - non tenti la fuga (e magari vada a fare la bella vita a Panama con il Lavitola di turno)? Che fanno, gli mettono dei piantoni che si stabiliscono a casa sua e controllano per l'intero arco delle ventiquattr'ore che non parli al telefono o che non scappi (cosa che, a quanto pare, gli piace fare nei momenti difficili)? E come li pagano se, grazie ai tagli del governo Berlusconi, i tribunali e le questure non hanno più i soldi nemmeno per le fotocopie?
Ancora, quanto alla possibilità di reiterazione del reato, in base a quanto dichiarato dal suo legale, non risulta al momento che Schettino "abbia ricevuto alcun provvedimento di sospensione dalla Costa'' (tanto che, per assurdo, si potrebbe pensare di ritrovarlo alla guida di qualche altra nave, magari fuori dall'Italia). Se fosse così, la compagnia di navigazione sarebbe correa. E forse lo è comunque, a giudicare dalle dichiarazioni in merito al reclutamento degli equipaggi (tutti hanno parlato di persone inesperte e che non capivano né l'italiano né l'inglese) rilasciate al sito di informazione Lettera43.it dal presidente dell'Autorità portuale di Cagliari, Piergiorgio Massidda, secondo il quale gli armatori preferiscono gli stranieri perché "gli accordi internazionali permettono di pagare la previdenza in base alle leggi del Paese di origine del lavoratore. Un filippino o un cingalese costano alla compagnia assai meno di un italiano"
Per finire, una notazione da donna a donne, cioè a moglie e figlia che lo difendono come le donne di mafia o di camorra fanno con i loro uomini: io uno così non me lo sarei ripreso a casa. Perché, come dicono dalle loro parti, uno che lascia morire tante persone in mare (senza perdere, come i pescatori che salvano i migranti, né il guadagno né la libertà) è "n'omme 'e niente".
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