giovedì 8 dicembre 2011

Le voci della disperazione

Le voci si coprono, si rincorrono, si sovrappongono. Sembra di essere a Wall Street. Ma qui non ci sono guadagni facili e ricchezze improvvise: i guadagni non ci sono affatto, ma non ci sono nemmeno i miseri stipendi. E le voci sono quelle della disperazione e dell'esasperazione di chi da mesi va a lavorare a proprie spese, facendosi prestare i soldi per mettere la benzina nella macchina, perché sembra che il comune sia in arretrato di sette mesi sul pagamento delle cooperative di servizi per le quali lavorano e dunque non ci sono soldi per pagare i salari.
Sono circa un migliaio a Catania gli operatori dei servizi sociali, in gran parte dipendenti di cooperative o piccole società, che per conto del Comune garantiscono l'assistenza domiciliare agli anziani e ai portatori di handicap, mentre altri duecento si occupano dei bambini degli asili nido. Milleduecento persone, milleduecento famiglie che non hanno di che vivere.
Qualche sera fa ne ho un incontrato un gruppo, quelli dell'assistenza domiciliare, in maggioranza donne, la gran parte delle quali non ha un marito ma ha figli a carico, a volte essi stessi disabili. E ciascuna aveva bisogno di gridare il proprio disagio, anche a costo di sovrastare le parole e il disagio delle altre. C'è chi ha dovuto ricorrere a ben tre finanziarie diverse che adesso non le fanno più credito e sta pensando seriamente di rivolgersi agli usurai; un'altra che ha il marito disoccupato e due bambini e non ha i soldi per comprare loro i libri di scuola; una terza separata e madre di tre figli uno dei quali portatore di handicap; una quarta che si è vista ridurre le ore di lavoro settimanali per mancanza di utenti perché - denunciano, evidenziando come venga penalizzato anche chi avrebbe bisogno dei servizi, cioè i più deboli fra i deboli - le graduatorie degli aventi diritto all'assistenza sarebbero bloccate da tempo immemorabile e dunque, se un vecchietto muore, non viene rimpiazzato da un altro che ha altrettanto bisogno.
E tutte, tutte, sono costrette a far ricorso ai familiari per farsi prestare i soldi per il necessario e quando prendono lo stipendio se ne va tutto nella restituzione dei prestiti.
E tutte, tutte, si sentono prese in giro da tutti. Perché il sindaco Stancanelli qualche giorno fa ha fatto il "beau geste" di riceverle, ma - dicono - le ha liquidate in pochi minuti, negando che i pagamenti siano in arretrato di sette mesi ma soltanto di due, annunciando che era stato pagato il mese di maggio (ma maggio non è - appunto - sette mesi fa?) e sostenendo che comunque in base alla convenzione i presidenti delle coop devono pagare gli stipendi anticipando le somme. Rimpallo di responsabilità: perché i presidenti negano di avere ricevuto i soldi di maggio e negano di dover anticipare le somme mentre dalla ragioneria generale arrivano solo risposte negative o per via del funzionario arrogante e aggressivo che - sempre stando alle testimonianze delle lavoratrici - le prende "a male parole" o perché quello gentile e "corretto" dice loro che qualunque cosa abbiano intenzione di fare è inutile, "perché tanto soldi non ce ne sono".
Nel frattempo il primo cittadino svolazza da un'inaugurazione del nulla a un'altra e annuncia le manifestazioni natalizie, parlando di "una città più unita, più accogliente e solidale". Solidale?

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