Tutti a fare clap, clap, clap. Ma bravi: tutti ad apprezzare, a sottolineare, ad enfatizzare che il Ministro Elsa Fornero ieri, nell'ultimo giro di incontri fra governo e parti sociali, quando è stato il turno dei giovani, si è alzata e se n'è andata indignata perché nella delegazione non c'era neanche una ragazza.
Giustissimo, sono d'accordo, ha fatto bene, però perché il Ministro Elsa Fornero non si è alzata e non se n'è andata indignata quando il presidente del Consiglio, Mario Monti, assieme al Lavoro le ha assegnato la delega alle Pari opportunità che per i maschi, si sa, è solo il contentino per farci stare buone? E soprattutto perché non si è alzata indignata e non se n'è andata via un istante prima che Monti desse vita al governo, accorgendosi che le donne sarebbero state appena tre su diciotto ministri? Io non sono una particolarmente affezionata alla regola delle quote, ma in certi casi la considero come una sorta di riduzione del danno da imporre per legge, dal momento che i maschi preferirebbero tagliarsi una palla piuttosto che cedere una briciola di potere. Fossi stata in lei, io avrei rinunciato al ministero, pubblicamente e motivando la decisione. Perché è facile fare le "femministe" ma non privarsi dei posti di potere, troppo comodo.
E poi pretendiamo di dare lezioni ai giovani? Ma che esempi stiamo dando ai giovani noi vecchi a riproporre schemi che erano già vecchi quando eravamo giovani? Perché le ministre non hanno fatto saltare il tavolo (anzi, la tavola imbandita per banchieri e padroni che poi magari si monderanno la coscienza partecipando con le loro "signore" a una sfavillante cena di beneficenza organizzata da quelle succursali della massoneria che sono i club-service, di cui fanno parte in massa) prima che il misfatto venisse compiuto?
E poi - ma prima, in realtà, molto prima -, proprio lei che è ministro delle Pari opportunità e a un tempo del Lavoro, ministro del Welfare (ma di che welfare parliamo, di che Stato sociale, se ciascuno pensa per sé?) perché permette una riforma previdenziale che si accanisce particolarmente sulle donne e sui lavoratori meno tutelati?
Ma si rende conto di cosa significhi per una donna andare in pensione a 63 anni (dal 2012, ma addirittura a 66 dal 2018)? Certo, per lei o chi come lei ha la fortuna di fare un lavoro intellettuale e gratificante e che ha avuto la possibilità di lasciare i bambini alla baby-sitter per andare a una conferenza o anche dal parrucchiere, se il cervello l'assiste sono pure pochi 63 anni. Provi a mettersi nei panni di una donna che ha cominciato a lavorare in fabbrica a vent'anni, che per una vita si è ritirata con la schiena a pezzi e si è messa a pulire la casa, a cucinare, ad occuparsi dei bambini e poi degli anziani genitori; provi a mettersi nei panni di chi, oltre alla stanchezza fisica, ha sulle sue spalle tutto il peso di quella psicologica perché il padrone ha provato a toccarle il culo e lei ha avuto il torto di non lasciarlo fare ed è stata mobbizzata per anni e poi declassata quando è rimasta incinta o ha vissuto nell'incubo del licenziamento per essersi assentata perché il bambino aveva la febbre alta e non aveva nessuno a cui lasciarlo. Pensi, per esempio, alla violenza psicologica di cominciare a lavorare in un'azienda privata e scoprire che, a fronte di una sfilza di cessi per i maschi, per le donne ce n'erano soltanto due. Come a dire: non vi ci vogliamo qui, a stento vi tolleriamo, perché poi voi fate figli e vi prendete lo stipendio gratis per un anno.
E poi ne vogliamo parlare di queste pensioni contributive? Pensi a una giovane donna (ma anche a un giovane uomo), una di quelle che formano l'esercito degli operatori di call-center: nessuna tutela, nessuno stipendio fisso, tre mesi di lavoro e poi il licenziamento, tre mesi a casa e la riassunzione e poi ancora il licenziamento, in un'agonia senza fine fino a quando avrà ottant'anni. Come fa ad accumulare contributi per garantirsi la vecchiaia una giovane così? No, ministro, non basta essere donna e non basta fare l'indignata se in una delegazione di giovani non c'è nemmeno una ragazza. Sì, certo, voi donne ministre di questo governo non avete niente a che vedere con quelle del governo precedente che avevano cancellato la parola dignità dalla vita delle donne, ma voi - come quelle che vi hanno preceduto - fate parte di un governo classista e la vostra manovra non tocca i ricchi e gli evasori fiscali ma mira a fare pagare ancora una volta i più deboli, i lavoratori, e a renderli schiavi senza diritti: quindi, nei fatti, a togliere loro la dignità, che siano uomini o donne.
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