venerdì 7 ottobre 2011

Una mano sul viso e una mano sulla coscienza


Ieri sera alla Festa della Federazione della Sinistra a Catania si parlava di governo regionale, di quell'esempio di consociativismo, corruzione e clientelismo che è il governo regionale siciliano a guida Mpa e trazione posteriore Pd. C'erano quelli della FdS, al tavolo dei relatori, ovviamente, c'erano l'IdV e Sel; e c'era il parlamentare del Pd Giovanni Burtone, uno dei pochi e dei primi nel suo partito ad opporsi alla decisione di sostenere un governo guidato da uno che incontra i mafiosi. Si passava di frequente la mano sul viso, Giovanni Burtone, come a voler allontanare qualcosa di fastidioso, un moscerino, una ragnatela, e chissà se fra le tante telefonate che gli sono arrivate mentre era seduto al tavolo dei relatori c'era quella che lo informava della chiusura delle indagini e dunque dell'accusa di abuso d'ufficio mossa al signor Finocchiaro. Cioè, il signor Melchiorre Fidelbo in Finocchiaro, un tempo medico e adesso imprenditore della sanità che, grazie al sostegno della moglie - uomo forte del Pd - al governo di Raffaele Lombardo, circa un anno fa ha ottenuto senza gara l'appalto per l'informatizzazione del Pta (presidio territoriale di assistenza) di Giarre, appalto bandito (e in che altro modo si potrebbe definire?) senza gara - tanto che poi fu annullato - e con una delibera fatta in casa dall'Asp di Catania al tempo guidata da Giuseppe Calaciura, segretario dell'Mpa di Biancavilla, anch'egli indagato insieme al direttore amministrativo dell'Asp, Giovanni Puglisi, ex Udc e ora uomo di Lombardo, e alla responsabile del procedimento, Elisabetta Caponetto, vedova dell'ex vicesindaco Ds di Catania, Paolo Berretta, padre del deputato del Pd (e aspirante candidato sindaco di Catania) Giuseppe Berretta, che infatti quando cominciarono a venir fuori le prime voci sulla porcata di famiglia si premurò di correre in difesa dell'amica senatrice. La stessa che si guarda bene dal candidarsi in Sicilia e preferisce collegi sicuri al nord e che - come ricordato durante il dibattito di ieri -, quando fu candidata dal centrosinistra alla presidenza della Regione contro il candidato del centrodestra Raffaele Lombardo, arraffò i voti, non si abbassò ovviamente (noblesse oblige) a sporcarsi le mani facendo il capo dell'opposizione e poco tempo dopo non provò la minima vergogna ad avallare e sostenere l'annessione del suo partito al governo della mafia. Anzi, arrogante proprio come chi gestisce il potere per il potere, rispose stizzita a quanti la contestavano proprio nel giorno dell'inaugurazione di quel Pta di Giarre che stava regalando un appalto milionario a suo marito. Le gridavano "vergogna" e lei rispose sprezzante: "Vergogna di che?". Forse oggi che la chiusura delle indagini assegna a suo marito, amministratore unico della Solsamb (beneficiaria di quell'appalto), il ruolo di "determinatore - secondo quanto scrive la Procura di Catania - o comunque di istigatore della condotta del Calaciura, del Puglisi e della Caponetto, predisponendo l'atto di convenzione allegato alla delibera" e "proponendo la stipula all'Asp di Catania", quindi oggi che i magistrati lo indicano come una sorta di manovratore occulto e di traffichino, forse la senatrice Finocchiaro un po' di vergogna potrebbe provarla. Perché anche ammesso che lei non c'entri niente con quest'appalto (ma è un po' difficile crederlo, dal momento che le foto la raffigurano sorridente all'inaugurazione del Pta di Giarre insieme all'assessore alla Sanità, Massimo Russo, gran riformatore di clientele), e soprattutto se lei non dovesse entrarci niente (come sopra), e ferma restando la presunzione d'innocenza fino all'ultimo grado di giudizio, un po' di vergogna per quello che avrebbe fatto suo marito dovrebbe provarla. Ma dovrebbe provarne molta di più per avere consegnato la Sicilia alla mafia e per avere beffato e truffato gli elettori di sinistra. E magari, se avesse un po' di dignità, dovrebbe fare come fanno quelli che la dignità non l'hanno perduta e che, pur non essendo "colpevoli", si vergognano delle malefatte degli altri: dovrebbe fare come Giovanni Burtone e passarsi la mano sul viso per togliere la vergogna. E possibilmente, anche, passarsi una mano sulla coscienza e dimettersi dal suo "prestigioso incarico".

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