La peggiore fra le grandi città. Noi, per la verità, lo sapevamo già. Lo sapevamo sulla nostra pelle, sulle nostre narici, sui nostri polmoni, sul nostro udito: Catania è una città di merda. Ora però abbiamo la certificazione ufficiale.
Il rapporto di Legambiente sull'ecosistema urbano 2011 (i cui dati si riferiscono al 2010) che stila la classifica delle città italiane in base alla loro ecocompatibilità e che quest'anno le ha divise in tre categorie a seconda del numero di abitanti - città grandi, medie e piccole - bolla Catania come la peggiore. Lo studio prende in considerazione una settantina di parametri e fra questi i principali sono la qualità dell'aria, l'acqua (consumi, dispersione nella rete, depurazione), i rifiuti, il sistema dei trasporti da quelli pubblici alle piste ciclabili, il verde.
E dunque si comincia dalla qualità dell'aria, in particolare dalla concentrazione di biossido di azoto registrata dalle centraline presenti sul territorio. La legge prevede che non si debbano superare i 40 microgrammi per metro cubo. Catania ne ha più del doppio: 84. Quanto all'acqua, il bene prezioso viene disperso per più del 50% in reti idriche colabrodo. Situazione drammatica, poi, per quanto riguarda la depurazione: a Catania la tassa l'hanno pagata tutti, ma meno del 20% degli abitanti è allacciato al depuratore. Poi c'è la raccolta differenziata: per il 2010 avrebbe dovuto essere del 55%, ma Catania "eccelle" anche in questo: appena il 6%. E vogliamo parlare del trasporto pubblico? Quello, per intenderci, per il quale circa un mese fa il sindaco Stancanelli aveva annunciato una grande rivoluzione (ma forse, come il suo padrone Berlusconi, intendeva golpe) che avrebbe svuotato le strade dalle auto: 75 i passeggeri trasportati annualmente per abitante. Ma il rapporto precisa di avere tenuto conto anche dei turisti: i quali - evidentemente ignari di quello che li aspettava - hanno pensato di poter far uso dei mezzi pubblici come in qualunque città del mondo civile. Sempre in tema di trasporti, c'è l'indice di mobilità sostenibile che assegna un punteggio in base a una serie di indicatori: autobus a chiamata, controlli varchi Ztl, mobility manager, car-sharing. I punti vanno da 0 a 100 e Catania, penultima in questa graduatoria, ne ha ottenuti soltanto 28.
E vogliamo parlare - così, giusto per farci del male - di isole pedonali, Ztl e piste ciclabili? Dunque, a Catania le isole pedonali sono ben 0,08 metri quadrati per abitante. Roba che una coppia di formiche può comodamente cimentarsi in un pas de deux! Zone a traffico limitato non pervenute: nel senso che la superficie si estende (parola impegnativa, lo so) per 0,13 metri quadrati per abitante. Quanto alle piste ciclabili, lo studio precisa che "per cercare di valutare l’offerta ciclabile di una città sono stati considerati i km di piste ciclabili in sede propria, i km di piste ciclabili in corsia riservata, i km di piste su marciapiede, i km di piste promiscue bici/pedoni, le zone con moderazione di velocità a 20 e 30 km/h. Queste informazioni, opportunamente pesate, hanno concorso a formare l’indice di 'metri equivalenti' di percorsi ciclabili ogni 100 abitanti". E fa capire che il minimo dignitoso è di 10 metri equivalenti. A Catania le piste ciclabili in sede propria, come può notare ogni cittadino, non esistono. Quelle su marciapiede sono più o meno quei tre centimetri che il sindaco (imputato) coatto ha inaugurato con la fanfara qualche mese fa: in pratica non fai in tempo a sederti sul sellino che la pista è già finita. Più che una pista ciclabile, sembra una pista di coca: giusto il tempo di una sniffata e non ce n'è più traccia, se non nei gesti inconsulti e nelle frasi che mentalmente rivolgi al tuo cosiddetto primo cittadino quando la ruota si trova circondata dalle quattro ruote e senza via d'uscita. E i "km di piste promiscue bici/pedoni" suonano vagamente come una presa per il culo nella città dove né le bici né i pedoni possono salire sui marciapiedi perché - sotto l'occhio vigile dei vigili - ci sono state posteggiate le auto. Dopo di che, per tornare ai freddi numeri, tutto questo nella classifica di Legambiente si traduce in uno 0,38 rispetto a quel minimo di 10 "metri equivalenti". Che, in termini di "indice di ciclabilità", e cioè - come spiega il rapporto - "la capacità delle amministrazioni comunali di attivare un ventaglio di strumenti che favoriscano la mobilità ciclabile", per Catania vuol dire cinque. Cinque al sindaco Stancanelli, che già sarebbe un voto di merda su una scala di dieci, ma qui la scala è da uno a cento.
Ancora in termini di centimetri (e non di ettari, come normalmente dovrebbe essere dato l'argomento) il discorso se ci inoltriamo nel bosco e nel sottobosco del verde urbano fruibile. Catania - grande città - ne ha 4,83 metri quadrati per abitante, contro 42,10 di Lucca, prima fra le città di medie dimensioni, e il 42,77 di Sondrio, prima delle città piccole (e, per inciso, in questo elenco bisogna arrivare alla trentaduesima città per avere un dato simile a quello del capoluogo etneo).
Il tasso di motorizzazione - cioè quante auto ci sono in circolazione ogni 100 abitanti - l'ho lasciato per ultimo perché qui Catania non la batte proprio nessuno. Ma prima di qualunque considerazione, è necessario leggere la premessa contenuta nel rapporto: "La densità automobilistica costituisce uno degli elementi più critici per le città e distingue sfavorevolmente l’Italia nel panorama mondiale: rispetto ad alcune grandi capitali europee (Londra, Parigi e Berlino) che registrano valori molto bassi (32 auto/100 ab circa), il tasso medio di motorizzazione dei 107 comuni capoluogo italiani si mantiene molto più alto, con 63,7 auto ogni 100 abitanti". Poi comincia l'elenco delle 15 grandi città prese in esame e, accanto a ciascuna, in crescendo, il suo tasso di motorizzazione: Venezia 41, Genova 47, Bologna 52, Trieste 53, Milano 55, Firenze 56, Bari 57, Napoli 58, Padova 58, Messina 60, Verona 60, Palermo 61, Torino 61, Roma 69....and the winner is....Catania, con 72 auto ogni cento abitanti. Che, escludendo i neonati, i bambini, i ragazzini fino a 17 anni e gli ultranovantenni, non lo so quanto fa, ma a naso ho la sensazione che ogni automobilista circoli per Catania usando almeno un paio di vetture contemporaneamente. Stendendo un velo pietoso sul senso civico dei cittadini catanesi, certo non si può non notare che questo dato deriva direttamente da quelli relativi al trasporto pubblico. Lo stesso per il quale, nella calura estiva, il sindaco Stancanelli annunciava che ci avrebbe stupiti con effetti speciali acquistando nuovi autobus, istituendo nuove linee e aumentando la velocità di percorrenza. Finora di mezzi nuovi non c'è neppure l'ombra, le nuove linee erano tre vecchissime linee da e per Barriera, San Giovanni Galermo e Canalicchio e, quanto alla velocità, non solo non è aumentata ma ha rallentato persino quella dei pedoni, intrappolati nel pasticcio che il primo cittadino chiama pomposamente "nuovo piano per il traffico". Intanto un piano lo stanno studiando veramente: quello per mettere a segno l'audace colpo dei soliti ignoti a danno dei cittadini: l'Amt, il cui buco di bilancio ha già toccato i cento milioni di euro che gravano sul comune già indebitato per centinaia di milioni di euro, sta per essere privatizzata e trasformata in SpA. E il comune, per godere del "privilegio" di essere proprietario del 51% di quelle azioni, continuerà a farsi carico del buco e in più verserà all'azienda venti milioni di euro l'anno per cinque anni.
Forse i soldi pensa di recuperarli dalle multe, unico sistema di contenimento del traffico urbano che un'amministrazione di destra incline alla repressione sia in grado di ipotizzare.
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