Sette milioni di euro. Fa impressione. Fa impressione in termini assoluti e ancora di più in termini relativi. Sette milioni di euro sono l'equivalente di circa ventiquattro appartamenti belli e ben tenuti da quattro vani nel centro storico di una città di medie dimensioni; sono 350 automobili di cilindrata medio/alta; sono settecentomila volte in pizzeria con gli amici; sono, soprattutto - dal momento che quasi più nessuno può permettersi la casa, l'auto e nemmeno l'uscita di gruppo -, per esempio, più di cinquemilatrecento stipendi medio/bassi, se ragioniamo con i parametri di un tempo, di quando la gente veniva assunta a tempo indeterminato e la retribuzione era calcolata in base al contratto nazionale di lavoro. Se invece usiamo il metro del lavoro regolato dalla legge 30, dal capitalismo "pornografico" di Berlusconi (come lo ha chiamato qualcuno, ben sapendo che la cosa più oscena è sfruttare i lavoratori e privarli dei diritti) e dal capitalismo assassino di Marchionne, quello del precariato stabile, che ha reso un ossimoro la vita stessa delle persone, allora sette milioni di euro, calcolando un lavoro da seicento euro al mese e che dura sì e no sei mesi l'anno...beh, ve lo risparmio il risultato perché è un peso insostenibile, perché non ci si può credere, perché ho rifatto la stessa operazione decine di volte con la calcolatrice e mi rifiuto di accettare quel numero sul display.
Ebbene, sette milioni di euro sono la cifra sequestrata questa mattina dalla squadra mobile di Caltanissetta a un'intera famiglia che si occupa di noleggio di videogiochi e slot-machine, cioè una delle attività più redditizie della mafia.
E diventi pazzo se cerchi di quantificare quella cifra prendendo come parametro le persone normali; e fa impressione in termini assoluti ma soprattutto in termini relativi, se pensi non solo quanti anni dovrebbero lavorare un precario e i suoi discendenti (ammesso che uno che si trovi stabilmente con le pezze al culo possa avere voglia di fare figli) ma soprattutto a dove gira questa gran quantità di soldi: la provincia di Caltanissetta. Cioè una fra le più povere d'Italia e con un tasso di disoccupazione da disperazione: in un recente rapporto di Confartigianato si legge che nel nisseno 60,4 ragazzi su cento, della fascia d'età fra 15 e 24 anni, non lavorano; mentre sono il 33,9% (contro una media nazionale del 15,9) i giovani disoccupati fino ai 35 anni di età. La famiglia a cui sono stati sequestrati i beni (società, ville, auto, terreni, come da copione), legata a Cosa nostra, aveva trovato il modo di truffare i Monopoli di Stato manomettendo le macchinette, imponendole a bar e locali della zona e poi reinvestendo i proventi nella stessa attività. Perché evidentemente la gente più è disperata, più sa di non poter aspirare a un futuro "normale" in cui si viva di lavoro, e più "tenta la fortuna" pensando che il Fato, in assenza dello Stato, possa darle una prospettiva di vita. Anche se in Sicilia il Fato si chiama mafia e prolifera proprio grazie a uno Stato che non c'è.
Ah, a proposito: qualche ora dopo, sempre stamattina, la polizia di Messina ha sequestrato beni per quattrocentocinquanta milioni di euro al gruppo imprenditoriale Bonaffini-Chiofalo, anch'esso legato alla mafia. No, non lo so quanto fa quattrocentocinquanta milioni di euro in termini di anni di lavoro di un precario, ho preferito non farlo questo conto. Però dovremmo farli tutti questi calcoli e tutti i giorni, e le maestre a scuola ai bambini non dovrebbero chiedere quanto fa cinque mele diviso tre bimbi, ma quanti anni di lavoro precario fanno i beni di una famiglia di mafiosi. Semplici divisioni, per moltiplicare l'indignazione.
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