Il fatto è che a Berlusconi, prima di uscire definitivamente di scena, dalla sua galleria di macchiette ne mancava una. Dal presidente benefattore che si commuove (finge di commuoversi, a beneficio delle telecamere) di fronte all'ennesimo sbarco di albanesi e annuncia l'intenzione di assumerne alcuni al suo servizio (in realtà al suo servizio aveva assunto Vittorio Mangano e più probabilmente era Vittorio Mangano che aveva assunto lui), al presidente ferroviere, al presidente odontotecnico che fa sostituire la dentiera a un'anziana terremotata dell'Abruzzo, al presidente minatore, al presidente pompiere, al presidente tipo da spiaggia con bandana a proteggere il cuoio capelluto appena concimato...finora i ruoli li aveva interpretati tutti, non disdegnando in prevalenza di travestirsi da lavoratore in quell'infinita carnevalata che è stato il suo quasi ventennio. Ora, per l'ultima performance alla Fregoli, avendo provato inutilmente con il viagra e chissà quali altre diavolerie a riportare agli antichi splendori ciò che inevitabilmente corre verso il precipizio del tempo, per sentirsi giovane si traveste da cervello in fuga. Sì, esattamente come i giovani italiani, plurilaureati e plurispecializzati, bravissimi, alcuni addirittura geni, che a un certo punto depongono le armi e sbottano: "Me ne vado da questo Paese di merda!" Anche lui, parlando al telefono con il suo compare Valter Lavitola, si sfoga: "Me ne vado da questo Paese di merda!". Con qualche piccola differenza: che i giovani se ne vanno perché lui ha fatto diventare il nostro un Paese di merda e non certo perché i magistrati svolgono indagini sui fuorilegge.
Dopo di che, mentre trema per l'arresto di Tarantini che - abituato a un tenore di vita elevato - potrebbe non reggere il carcere e vuotare il sacco definitivamente, ne fa un'altra delle sue, un'altra offesa a questo Paese fatto in fondo anche di persone per bene, quelle che ancora pensano che per vivere si debba lavorare onestamente, quelle che si fanno un culo così per mandare i figli a scuola e possibilmente anche all'università, quelle che si levano il pane di bocca per garantire l'istruzione (e, dunque, il futuro) ai loro ragazzi. Ebbene Berlusconi, per giustificare la cifra stratosferica di cinquecentomila euro (pari a 35 anni di lavoro di una persona normale il cui stipendio si aggira intorno ai 1.200 euro mensili) versati al pappone in capo, Giampaolo Tarantini - perché non svelasse ai giudici che le ragazze che gli portava in casa per soddisfare le sue voglie di vecchio bavoso erano pagate, cioè prostitute -, ancora una volta si è inventato la storia del benefattore che aiuta una famiglia in stato di bisogno. Ma forse, della sua dichiarazione ai tg mentre ringhiava contro i giudici, a qualcuno è sfuggito il seguito della frase: che quella famiglia non era più in grado di mantenere il proprio tenore di vita. Tenore di vita che lo stesso Tarantini definiva esagerato. Insomma se, facciamo il caso, Tarantini aveva sei fuoriserie, dodici camerieri, sedici rolex (due per tentacolo), eccetera, senza i soldi del benefattore il piccolo fiammiferaio avrebbe dovuto ridurre le fuoriserie a tre, gli inservienti a sei e accontentarsi soltanto di un orologio a tentacolo.
Vorrei sommessamente ricordare a Berlusconi, a Tarantini e a tutti quelli come loro che in questo momento a Palermo ci sono tre persone - che ne incarnano troppe - che davvero non possono più permettersi il tenore (e nemmeno un Farinelli) di vita precedente. Si chiamano Pietro Musso, Calogero Fantauzzo e Filippo La Spisa e sono tre precari di quella scuola fatta a pezzi da Berlusconi e dalla Gelmini, da giorni in sciopero della fame dopo che si sono venduti di tutto, dalla casa fino alle fedi nuziali, per non privare i loro figli non del superfluo ma del cibo. E questo mentre Berlusconi si traveste da pisello in fuga, preparandosi un esilio dorato forse in qualche paese nordafricano dove circondarsi indisturbato di puttane e di papponi.
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