"La promessa e l'impegno del politico di attivarsi, una volta eletto, a favore della cosca mafiosa" possono giustificare l'accusa di concorso esterno a Cosa Nostra "a condizione che sia provato che tale patto elettorale politico-mafioso abbia prodotto risultati positivi, qualificabili in termini di reale rafforzamento o consolidamento dell'associazione mafiosa".
Era il giugno del 2011 quando la procura di Catania - avocando a sé la parte dell'inchiesta antimafia Iblis riguardante i fratelli Raffaele e Angelo Lombardo, presidente della Regione e leader dell'Mpa il primo, parlamentare dello stesso partito il secondo, che i pm accusavano di rapporti con i boss - decise di stralciare la posizione dei due facendosi forte di quelle parole contenute nella sentenza con cui la Cassazione aveva assolto dallo stesso reato Calogero Mannino, perché secondo i giudici della suprema Corte non si può condannare un imputato sulla base di un "apodittico ed empiricamente inafferrabile contributo al rafforzamento dell'associazione mafiosa".
Tre mesi fa si disse che quella decisione della procura - che non poche perplessità ha suscitato in molti - preludeva all'archiviazione per Raffaele e Angelo Lombardo e dunque alle inevitabili conseguenze politiche: il presidente ne sarebbe uscito pulito e avrebbe continuato a sgovernare la Sicilia; il Pd - che ha giocato molto sulle ancora non provate responsabilità dell'uomo delle clientele - avrebbe potuto continuare a far parte del suo governo e a godere di briciole di potere.
Ma qualcosa non dev'essere andato per il verso giusto e il giochetto non è riuscito a pieno. Perché se la Cassazione, per quanto sulla base di un ragionamento un po' fantasioso, può cancellare una sentenza di condanna, forse il procuratore facente funzione non ha potuto cassare del tutto quanto scritto dai pm a conclusione di anni di indagini e di interrogatori. Sicché il reato è stato derubricato: da concorso esterno in associazione mafiosa a voto di scambio: come dire che Lombardo non ha contribuito a rafforzare l'organizzazione mafiosa, ma questa o chiunque altro (dal momento che il difensore di Lombardo precisa che si tratta di voto di scambio semplice) - procurandogli i voti per far eleggere suo fratello al Parlamento nazionale in occasione delle politiche 2008 - potrebbe aver contribuito a rafforzare lui e il suo potere. Che, d'altra parte, non sembra essere "empiricamente inafferabile".
Reato meno grave, forse, dal punto di vista del codice penale; comunque gravissimo sotto il profilo dell'etica. Perché i pacchetti di voti in cambio di qualcosa alterano le regole del gioco democratico e privano della libertà migliaia di elettori che altrimenti sceglierebbero di mandare al diavolo chi nega loro i diritti primari, da quello al lavoro al diritto alla salute. Perché Lombardo non è diverso da Berlusconi.
E adesso è interessante sapere cosa dirà lunedì prossimo in direzione regionale ai suoi Giuseppe Lupo, segretario del Pd siciliano, che ha rimandato per mesi la decisione sulla revoca del sostegno a Lombardo chiesta da alcuni esponenti del partito, sperando di lucrare un po' di potere e di voti dalla subalternità al presidente della regione e al suo governo di destra che piace tanto a Lupo, Cracolici e Lumia. Sul piano politico, Lombardo ha già certificato la loro posizione di servi sciocchi rispondendo di no - nel vertice di "maggioranza" dei giorni scorsi - alle richieste di primarie e di elezioni anticipate; su quello delle responsabilità giudiziarie e morali, la mancata archiviazione e anzi il rinvio a giudizio (il processo inizierà il prossimo 14 dicembre) di Lombardo per voto di scambio li derubricherà o, peggio, li "eleverà" al rango di complici se continueranno a far parte di quel governo.
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