lunedì 16 settembre 2013
Asocial network
Beh, ragazze, ve lo devo dire; ho aspettato qualche giorno, per non guastarvi il gioco, ma ora che - grazie a radioserva del terzo millennio - lo sanno cani e porci, non ho più remore: a me questa storia del giochetto della partenza per tot mesi per prevenire il cancro al seno, come diceva qualcuno, "me pare na strunzata".
Primo, perché quando vedi per la prima volta sul profilo Fb di una conoscente la storiella del "vado a Timbuctù per 15 mesi", l'unica cosa che pensi è: "Cazzo, pure lei disoccupata e costretta ad emigrare". Sarà che ho la deformazione disoccupazionale.
Dopo di che ci sono diverse cose che non capisco. Tipo: perché si mandano i messaggi privati alle amiche per invitarle a fare anche loro la stessa cosa. Non l'ho fatto: perché dei pappagalli preferisco l'abbigliamento piuttosto che la coazione a ripetere e perché non sono abituata ad accettare per fede, quindi nemmeno se l'indicazione mi viene dalle compagne femministe.
E non l'ho fatto perché non capisco l'indicazione di non rivelare niente ai maschi. E per quale ragione? Non sarebbe il caso che anche loro si responsabilizzassero? Pensate se, per una volta, invece di essere noi a trascinarli dal medico (loro non ci vanno per paura, noi perché pensiamo che ci sia sempre qualcosa di più importante della nostra salute), fossero loro ad accompagnarci a fare la mammografia e a tenerci la mano mentre quello strumento di tortura confeziona una spremuta di tette. E non capisco perché - anche se è un gioco - farlo in clandestinità quando invece meriterebbe la grancassa e soprattutto perché farlo soltanto fra noi privilegiate: perché non c'è dubbio che, per quanto Facebook sia un mondo sconfinato, sempre fra di noi ce la raccontiamo, sempre quella cerchia ristretta di chi è già sensibilizzato.
E poi ci lamentiamo, noi della sinistra (immagino e spero che la categoria "femminista" si iscriva ancora all'interno della sinistra), che la gente non ci segue. Per seguirci, dovrebbe vederci e sentirci. Mentre noi restiamo trasparenti e mute/i nascoste/i nel nostro scrigno degli asocial network.
Vi ricordate, compagne femministe, quando andavamo nei quartieri popolari a parlare con le donne di contraccezione? I loro mariti ci guardavano con odio, perché forse non coglievano razionalmente il nesso logico, ma a pelle capivano che c'entrava qualcosa con l'emancipazione delle loro donne e con la perdita del potere. Forse dovremmo ricominciare da lì: dal guardare negli occhi le donne che non hanno il tempo di cazzeggiare su Fb. E smetterla con i giochetti del cazzo.
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