sabato 28 settembre 2013
Apologia della tazzina sbilenca
Alcuni anni fa commissionai alla mia amica Laura che ha il laboratorio di ceramiche sotto casa mia (si chiama "Maninterra": se vi trovate a Catania, fateci un salto) quattro tazzine da caffè. Quattro, sì, perché il concetto di "servizio" mi ricorda un po' troppo - per restare sull'attualità - quella famosa famiglia Barilla tutta stereotipi sessisti, diabete e ipocrisia: fosse per me, dopo avere sigillato ben bene porte e finestre, ci scaricherei sopra una bombola gigante di insetticida. Prima che lo facciano da sé. Fateci caso: sono gli stessi che a un certo punto massacrano le mamme e i fratellini, poi intervistano il parroco e... "venivano tutte le domeniche a messa". Appunto.
Ma torniamo alle tazzine: quattro, che già rispetto a sei o a dodici è portarsi avanti con il lavoro. Come quando da una famiglia cominciano ad andarsene tutti: qui si parte già in pochi, così non ti fai illusioni. Quattro e, quel che più conta, l'una diversa dall'altra. In un servizio tradizionale per distinguerle devi aspettare che una si sbrecchi un po', acquisisca una propria personalità, e magari poi proprio per questo la metti da parte. Le mie tazzine hanno personalità forti, sono assolutamente fungibili (non ce n'è una che si fa il culo a pulire casa mentre l'altra si gratta i coglioni) e la mattina è un'impresa scegliere, ma è anche divertente: a volte mi faccio guidare dall'umore, ma se sono proprio indecisa chiudo gli occhi, vado a tentoni e ne prendo una al buio.
Non resto mai delusa: sono tutte bellissime. Ce n'è una, però, che mi piace più delle altre: è quella gialla, che è un po' sbilenca. Ed è bella proprio per questo. Come quei frutti che non sono perfettamente rotondi, ma sono buoni in maniera emozionante. Mentre quelli perfetti sono sciapi e insignificanti. E anche piuttosto odiosi con quella loro pretesa di perfezione.
Non so perché mi piace tanto la mia tazzina gialla: forse perché nella mia famiglia io sono sempre stata quella un po' sbilenca (comunista, atea, sbattezzata, allergica a qualsiasi forma di leccamento di culo anche se questo significa fare la fame, "diversamente alta"... scegliete voi: sono "tutta storta", come dice mia madre). O forse perché una famiglia non è famiglia se si è necessariamente prefabbricati, lobotomizzati e possibilmente benedetti da chi non avrebbe alcuna autorità per dare lezioni di morale. Una famiglia è famiglia se si è tutti diversi. E tutti uguali.
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