mercoledì 21 agosto 2013
Un tossico mancino che si faceva con la mano destra
E' un caso di scuola: nei romanzi gialli, ma anche nelle indagini vere, se una coltellata assassina è stata inferta con la mano destra, il presunto omicida viene scagionato immediatamente appena si scopre che è mancino. Del resto, chi è solito usare una mano sola lo sa bene che l'altra è poco più di un pezzo di carne inutile: ci puoi sollevare un sacchetto della spesa, ma non certo fare un lavoro di precisione, non colpire un uomo a morte e nemmeno infilarti una siringa di eroina.
A quanto sembra però questa regola non vale per il mancino Attilio Manca. I suoi genitori e suo fratello da anni cercano di dimostrare che l'urologo fu ucciso dalla mafia di Barcellona Pozzo di Gotto per eliminare il testimone diretto della presenza di Bernardo Provenzano in una clinica di Marsiglia. Costretto ad operare il boss alla prostata, secondo i familiari, e poi fatto fuori con la messinscena della siringa nel braccio. Nel braccio sinistro. Ma oggi un giudice ha deciso che Attilio Manca era soltanto un tossico e, come se non fosse sufficiente, a suggello della sua teoria ha prosciolto i cinque barcellonesi accusati dell'omicidio condannando invece una donna romana accusata di avergli ceduto la droga.
Mi hanno insegnato che le sentenze non si commentano, ma stavolta mi viene difficile. Perché se c'è un'eccezione per un mancino contorsionista che si può fare da sé un'iniezione nel braccio sinistro (e che ha anche il tempo, prima di morire, di cancellare le proprie impronte dalla siringa) forse si può fare un'eccezione all'essere comunque dalla parte della magistratura e pensare che questo giudice, anche concedendogli il beneficio della buona fede, possa avere sbagliato. Sarebbe cecità molesta. Come lo sarebbe pensare che lo Stato o una parte di esso non tratti con la mafia o non la favorisca in qualche modo, anche soltanto per inettitudine. Che però diventa colpa grave quando, appunto, sei lo Stato e non un comune passante.
E la rabbia diventa incontenibile perché oggi, nello stesso giorno in cui un giudice ha condannato come tossico Attilio Manca, un altro pezzo dello Stato - quella Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata che dovrebbe essere uno degli avamposti della lotta alla mafia e nelle cui mani è custodita l'applicazione della legge voluta da Pio La Torre - ha fatto un favore ai boss mettendo in vendita la tenuta di Suvignano, oltre 700 ettari nel comune di Monteroni, in Toscana, che la Regione qualche anno fa si era impegnata a recuperare e utilizzare a fini sociali. Ma lo Stato ha deciso diversamente: bisogna fare cassa e vendere al miglior offerente. E chi potrebbe offrire di più se non l'azienda italiana con il maggior fatturato?
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