Vediamo di fare un passo indietro con la memoria. Dunque, circa un anno fa - era luglio - l'allora assessore alla Cultura (o alla couture?) del Comune di Catania, Marella Ferrera, insieme a Dario Montana, fratello del commissario della Squadra mobile di Palermo, Beppe, assassinato da Cosa nostra nel 1985, portava il saluto al convegno "In memoria per ricostruire la nostra storia", organizzato da "Libera" nel XXV anniversario dell'agguato e patrocinato dal Comune. Riuscendo a infilare una serie di luoghi comuni, del genere "la speranza va costruita", il "desiderio di non disperdere la memoria", e "se non c'è un passato, non c'è un presente e di conseguenza non ci sarà un futuro". Per finire con un "questa città per ricominciare deve ricominciare da questo momento". Senza mai pronunciare la parola mafia. Appena un paio di mesi prima, aveva presentato una rassegna cinematografica "Sicilia in corto e in lungo, in bianco e nero", al cui interno era prevista - il 23 maggio, nell'anniversario della strage di Capaci - la proiezione del cartoon "Giovanni e Paolo e il mistero dei pupi", "omaggio" a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Anche in questo caso, aveva infilato luoghi comuni come fosse una collana di perle. E dunque, via con la Sicilia "terra meravigliosa" e "la più bella delle location", che "va quanto più valorizzata e non svenduta ai saldi" e minchiate del genere a raffica. Vuoto pneumatico. Luoghi comuni "a cannaggiu".
Oggi però scopriamo che, secondo l'ex assessora couturière, la mafia non esiste. Meglio: è un luogo comune. Nel corso di un'intervista, l'attuale consulente del sindaco Stancanelli ha spiegato che "La Sicilia ha un suo perché nel mondo, al di là dei luoghi comuni, la mafia, quello e quell'altro". Dove, immaginiamo, per analogia, quello e quell'altro potrebbero essere la disoccupazione e la malasanità. Anche quelle in Sicilia non esistono. Sicché ci sarebbe da dedurre che Falcone, Borsellino, Montana, Pio La Torre, Rocco Chinnici, eccetera all'infinito, non li ha ammazzati nessuno; il 50% dei giovani che non lavora ha fatto una libera scelta, essendo ricco di famiglia; i morti negli ospedali siciliani le flebo con il farmaco sbagliato se le fanno da soli perché stanchi della vita.
Dopo di che, convinta di partecipare al festival della minchiata, la stilista ha aperto il rubinetto delle parole e le ha lasciate scorrere in libertà, roba che Flaubert ci avrebbe potuto riempire di sana pianta un nuovo "Dictionnaire del idées reçues". E allora eccola, innamorata della Sicilia, a spiegarci che negli altri Paesi del Mediterraneo ci sono le guerre e invece noi abbiamo il sole (tiè!), "partner migliore" della terra che potrebbe essere "una grande fonte di ricchezza come lo era un tempo". Insomma, a zappare. Ma non basta, perché la grande esperta in conversazioni da bar nell'esporre il suo piano quinquennale per il rilancio isolano, oltre all'agricoltura, individua nel turismo e nell'artigianato i perni su cui dovrebbe poggiare la nostra economia.
Il turismo sembra proprio essere il suo pallino. A Catania avrebbe voluto occuparsene, ma Stancanelli non le diede la delega e lei lasciò anche la Cultura salvo rientrare un anno dopo da consulente. Ora ci prova con la regione. E, siccome la Sicilia "è tradizione", prosegue in crescendo con un "sul piano archeologico abbiamo delle cose straordinarie", "abbiamo una ricchezza del territorio veramente straordinaria" e menate simili passando per i vecchi bagli da ristrutturare fino all'apoteosi, quasi un orgasmo: "siamo in una Sicilia ricca di tante cose, cultura, antichità, sole, gastronomia...sua maestà la Sicilia".
Dia retta, madame la couturière, torni a fare il suo mestiere che fa piuttosto bene e la smetta di giocare all'assessore regionale al Turismo, ché già la Sicilia ne ha fin troppi di incompetenti che la governano. Quanto ai bagli, sono d'accordo con lei. Però, piuttosto che sprecare il fiato, le do un consiglio operativo: visto che lei è ricca e invece gli enti locali sono con il culo per terra grazie ai tagli e al colpo di grazia inferto con l'ultima manovra dal governo nazionale a cui lei fa riferimento, acquisti un bel po' di bagli, li faccia ristrutturare, ci metta sopra una targa come fanno quelli che regalano le sedie alla chiesa e ne faccia dono ai comuni che d'ora in poi ai cittadini non potranno garantire nemmeno i servizi essenziali. Altro che turismo!
Anzi, a questo proposito la informo che qualche zerovirgola in più, rispetto a un quinquennio di perdite a due cifre, non vuol dire affatto che il turismo in Sicilia è in ripresa. Per capirlo, basterebbe che lei desse un'occhiata ai cartelli che alcuni commercianti hanno appeso alle loro saracinesche: "Chiuso per ferie dal 14 al 18 agosto", hanno scritto, per illudersi di fare cinque giorni di vacanza e invece erano soltanto tre perché il 14 era domenica e il 15 - per quanto sia una festa del cazzo funzionale solo a portare a spasso qualche madonna e che proprio per questo il governo Berlusconi non abolirà mai, mentre si fa venire la febbre a 40 pur di cancellare la storia italiana, quella vera: il 25 aprile - è festa per tutti. Poi di corsa a riaprire, nella speranza che passi qualche turista straniero, perché gli italiani - che siano turisti o residenti - nei negozi non ci possono entrare più. Perché i negozi in Sicilia sono più cari che altrove, dal momento che le tasse non le pagano ma il pizzo sì; e perché la gente in Sicilia è più disoccupata che altrove proprio perché è la mafia a dettare le leggi dell'economia. Ma la mafia non esiste, vero? E' solo un luogo comune.
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