Quelli come noi che ancora si ostinano a pensare e avere reazioni, quelli come noi che non vogliono rassegnarsi all’idea di mettere in formalina il cervello, quelli come noi che preferiscono la gastrite alla demenza autoindotta e consapevole, la sera si coricano con la sensazione di annegare nel mare delle notizie, soffocati dall’incazzatura per una guerra che vogliono farci bere come missione di pace, per un ragazzo siciliano emigrato in Sardegna per lavorare e morto sul lavoro poco più che ventenne, per un prefetto che disonora lo Stato, per un dittatore corruttore che quello stesso Stato sta saccheggiando, per gli onorevole disonorati, per la chiesa dei pedofili che carica sulle spalle dei gay tutte le colpe del mondo, per un sedicente scienziato che sputa sulla scienza attribuendo una fuga radioattiva di proporzioni immani e tutte le catastrofi a una presunta “voce paterna della bontà” del suo dio.
Ti corichi così, con quel senso di soffocamento, di rabbia e di impotenza, e tutto si fonde e confonde in un magma indistinto. Ma ieri, al momento di spegnere la luce, da quel mare di rabbia e notizie, è emerso il volto bendato e ferito di Vittorio Arrigoni. E’ stato un attimo, un lampo quello che mi è passato davanti agli occhi, e una certezza: non un superstizioso presentimento, ma una consapevolezza carica di angoscia. “Farà la fine di Enzo Baldoni”, mi sono detta. E sono rimasta per tutta la notte turbata, a risentire quella frase pronunciata fra me e me. Fino al primo gr del mattino.
Trenta ore gli avevano dato e non ne hanno aspettate nemmeno dodici. Forse sono bastati quei “passi” annunciati (e forse solo annunciati) dal nostro Ministero degli Esteri ad accelerare l’esecuzione, a fare più danno. Oggi come allora, ai tempi dell’uccisione di Baldoni (rapito e assassinato nel 2004, nel corso della guerra in Iraq), alla guida della Farnesina c’è l’inutile Franco Frattini: incapace persino di farsi restituire in tempi accettabili un corpo senza vita. Lo stesso Frattini che un anno fa esatto, quando in Afghanistan furono sequestrati i volontari di Emergency, tentò di farli passare per terroristi.
Ora forse Frattini ci dirà che anche Vittorio Arrigoni non si sa bene cosa ci facesse nella Striscia di Gaza e tenterà di farci credere che se l’è cercata. Come Peppino Impastato, infangato per anni, accusato di essere saltato in aria mentre preparava un attentato, invece ucciso dalla mafia e da uno Stato complice.
La storia si ripete. E la rabbia di fronte alle ingiustizie pure. Forse perché quelli come noi sono ancora capaci di restare umani, come ci incitava a fare Arrigoni alla fine di ogni suo articolo.
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