venerdì 14 gennaio 2011

Fiat: referendum sotto tortura

Non so come finirà oggi il referendum alla Fiat, ma temo di saperlo. E mi vengono alla mente le immagini di un film del 1975: “Faccia di spia”, di Giuseppe Ferrara, disseminato delle torture più atroci messe in atto dalla Cia nei confronti degli oppositori politici.
Ecco, se ti infilano dei ferri arroventati sotto le unghie o se ti tengono due candele accese vicino ai capezzoli, non è detto che ce la fai. Oggi purtroppo i lavoratori della Fiat voteranno sì al criminale ricatto di Marchionne perché sono sotto tortura: la tortura di perdere il lavoro. Stanno votando con i ferri arroventati nelle unghie e le candele che bruciano i capezzoli e votano sì perché sperano che questa tortura finisca e perché i sindacati gialli, servi del ricattatore Marchionne, gli hanno fatto credere che se accetteranno quelle condizioni di lavoro da Medio evo potranno garantire un futuro ai loro figli.
Alla fine – dopo che loro si saranno suicidati con le loro stesse mani – è realistico che l’amministratore delegato decida comunque di lasciare l’Italia, perché lui questo Paese lo odia e forse perché soldi da investire non ne ha, e loro resteranno comunque senza lavoro: dopo avere svenduto i loro diritti e avere insultato i loro compagni di lavoro, quelli iscritti alla Fiom, che cercavano di fargli capire che si stavano cacciando in una trappola.
Non so come andrà a finire, ma so già quale effetto ha prodotto nell’immediato e quanti altri – come nel domino – ne produrrà adesso, uno dietro l’altro, una valanga: ieri la Keller di Carini ha inviato un fax (solo un fax: nemmeno il coraggio di dirglielo in faccia) per comunicare a 204 dipendenti il licenziamento con decorrenza 5 gennaio: una strage retroattiva.
E’ così che faranno d’ora in poi i padroni, grazie a Marchionne e grazie a un criminale che governa questo Paese sperando che le aziende se ne vadano, uccidendoci definitivamente: si sveglieranno una mattina e licenzieranno.

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