lunedì 11 giugno 2012
Madame la Présidente
Appartengo a quella categoria di donne che dicono la ministra, l'avvocata, la sindaca, la magistrata, eccetera, e godo come una pazza quando - riferendosi a un gruppo di dieci persone fra le quali un solo maschio - qualcuno in maniera sgrammaticata (di una grammatica decisamente maschilista) si rivolge al gruppo con desinenze al femminile.
Dunque, non posso che accogliere con entusiasmo la notizia che l'Accademia della Crusca abbia certificato nei fatti la necessità del riconoscimento ufficiale dell'esistenza delle donne nella lingua italiana (e non sarebbe male, però, se accadesse anche nella società italiana), collaborando al Progetto del Comune di Firenze "Genere e linguaggio" che ha tracciato le "Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo" dedicando un capitolo alla scelta di un linguaggio “rispettoso dell’identità di genere”.
Ora, però, riservando io alla Crusca la stessa devozione che i cattolici rivolgono al papa (del quale dubito fortemente che la meriti), come al papa vorrei chiedere una particolare dispensa agli Accademici: io non dirò mai la ministra del Lavoro di una che cancella tutti i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici né - nel prossimo settennato - Madame la Présidente. Mi dispiace, ma non ce la faccio.
Perché, vedete, io di donne stronze ne ho conosciute (non è che noi siamo immuni), ma se uno è così stronzo non può che essere un maschio.
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