lunedì 30 marzo 2015

La sicurezza sul lavoro (delle donne) secondo Littizzetto

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Ammettiamolo, è colpa nostra: lei parlava del cazzo di Berlusconi (così come oggi fa con quello di Rocco Siffredi) e noi l'abbiamo fatta assurgere al rango di commentatrice politica.
Sicché ora si sente autorizzata a deliziarci con i suoi sermoni politici, costruiti senza un minimo di riflessione e di conoscenza delle cose. Cioè, appunto, a cazzo. Per di più dismettendo i panni comici grazie ai quali in fondo si può dire qualunque minchiata e indossando invece una patetica veste da maestrina che non le si addice.
Ma veniamo al punto. Secondo Luciana Littizzetto la battaglia per un uso non sessista della lingua italiana, peraltro fatta propria dall'Accademia della Crusca, sarebbe una specie di capriccio che si contrapporrebbe alla battaglia vera per lo stipendio delle donne equiparato a quello degli uomini. Insomma sarebbe come dire che se un operaio lavora da precario in un cantiere dove di casco giallo conoscono solo quello delle banane, l'importante è stabilizzarlo e chi se ne frega della sicurezza sui luoghi di lavoro e se l'operaio va a finire stabilizzato sull'asfalto per mancanza di protezioni. Però era stato assunto. Sai che consolazione. Perché la battaglia sul salario dovrebbe escludere quella sulla sicurezza? Con la stessa logica, una magistrata dovrebbe essere ben felice di avere lo stipendio uguale a quello di un suo collega e chi se ne frega se la sua professionalità viene negata e se da questo discende anche una serie di comportamenti da parte di un marito che la odia (forse fino ad ucciderla) proprio perché ha fatto carriera e proprio perché nel suo vocabolario e in quello di molti altri questa possibilità non era contemplata.
Ora Littizzetto la può pensare come vuole, e ci mancherebbe, però prima di parlare - per la grande responsabilità che ha di rivolgersi a milioni di persone - dovrebbe sentire il dovere di documentarsi e magari non seguire acriticamente il flusso della corrente. Certo, ne è passata di acqua sotto i ponti (e di soldi nelle sue tasche) da quando partecipava alle feste comuniste dissacrando il potere e mostrando come il re fosse nudo. Ora il re lo vede vestito e a quanto pare le piace servirsi dallo stesso stilista.
Comunque non le farebbe male per un giorno non dico frequentare gli accademici della Crusca, ma quanto meno una maestra elementare: perché le spieghi che il femminile di maestro esiste da sempre (a riprova del fatto che quando conviene al potere una donna può esercitare un mestiere esigendo il rispetto del genere lessicale) e che presidente è invariabile: il presidente, la presidente. Non "la presidentessa" che sa di presa per il culo.



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