lunedì 5 gennaio 2015

Manca un pezzo


Avevo una storia con un napoletano "immigrato" che mi portava dall'altra parte dell'Isola tutte le volte che potevo. Strano che nessuno abbia mai chiamato la neuro: la mia macchina fendeva l'autostrada Catania-Palermo a passo di danza. Che non era esattamente un minuetto.
Cassetta taroccata, 190 chilometri ad andare, 190 a tornare, sempre lì, nel mangianastri (e chi se li ricorda più i mangianastri?), volume a palla, voce a palla, finiva un lato, la tiravi fuori e, annaspando per non perdere d'occhio il rettifilo, la giravi e facevi partire l'altro lato. Oppure c'era quella canzone, proprio quella, che in quel momento sembrava scritta apposta per la tua storia. E allora vai di rewind compulsivo.
Pino Daniele non era - come hanno detto molti in queste ore - "la colonna sonora della mia vita": era, insieme ad altri che se ne sono andati e a quelli che ci sono ancora (Gaber, De Andrè, De Gregori, Dalla, Mannoia....) un pezzo di colonna sonora della mia vita e la colonna sonora di quella storia particolare. Fondamentale come ogni pezzo di un caleidoscopio.
Nel periodo "napoletano" era un trip. Poi c'è stato il periodo siracusano, poi quello messinese, fino a quello jonico-etneo: ciascuno con la sua colonna sonora, perché c'è quella strofa o quel semplice verso che in una pillola include tutta la tua vita di quel momento. E dopo Pino Daniele canti ossessivamente Battiato, e dopo Battiato canti ossessivamente Mannoia. Nessuno di loro viene cancellato: soltanto ben conservato in un cassetto della memoria da aprire in qualsiasi momento, magari per una jam session.
Ognuno è un pezzo di quel caleidoscopio, solo un pezzo: ma se si rompe un pezzo gli altri non riescono più a trovare il loro posto e il gioco non funziona più come dovrebbe.

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