domenica 8 luglio 2012

Re Mida e lo sparato

"Lo sparato è sparato e le pulizie non si possono fare". Discorsi da spiaggia o, meglio, da solarium, una domenica mattina a Catania, fatti da cittadini ramazza in mano portata da casa per rimuovere montagnole di rifiuti - lattine di birra e di coca, cartoni da pizza, bicchieri, tovaglioli pieni di sugo e fazzolettini di carta pieni di moccio che svolazzano come farfalle da un punto all'altro, e poi, per tutta la superficie, cicche di sigarette a strafottere e conseguenti eserciti di mosche e altri insetti famelici -, macerie di notturne scorribande giovanili (già, perché l'ingresso al solarium è interdetto prima delle 8,15 del mattino, impedito da un ridicolo cancelletto che vieta soltanto ai vecchietti di piazzarsi lì con i loro mazzi di carte fin dalle 7, come erano abituati a fare da anni, dando così un senso alla solitudine delle prime ore mattutine, mentre tutti gli altri scavalcano). Lo "sparato", che non c'entra niente con lo smoking, ma è participio passato sostantivato del verbo sparare, sarebbe il cosiddetto manager che si è aggiudicato l'appalto degli appalti: nel senso che a memoria d'uomo (e anche di donna), da decenni vince tutti gli appalti del genere, nello specifico la gestione del bar e di tutti i servizi, compreso quello di pulizia, avendo - certamente per le sue qualità imprenditoriali - conquistato la fiducia delle amministrazioni cittadine. Il fatto è che proprio questa sorta di monopolio ha fatto girare i coglioni a qualcuno sistematicamente escluso dalle gare che - non standoci con la testa - ha deciso di farsi giustizia da sé, invece di rivolgersi alla magistratura (cosa che avrebbe avuto la gradevole conseguenza di far venire l'orticaria ad appaltanti e appaltatori), e appunto gli ha sparato. Qui, nel far-south, si usa così. E siccome lo sparato forse è ancora in ospedale, sembra che le pulizie non si possano fare perché l'appalto è suo. Come se, per esempio, a un certo punto per assurdo (per assurdo?) privatizzassero l'acqua, il padrone dell'acquedotto che ha ottenuto per cinque anni l'appalto di fornitura idrica alla città restasse in coma dopo un incidente e per cinque anni Catania diventasse una succursale del deserto del Sahara. Che poi, in qualche modo, è quello che sta succedendo ai solaria dove, non essendo il bar nemmeno un miraggio - e questa è un'altra conseguenza dello sparato -, spuntano qua e là delle oasi gestite da personaggi improbabili: uno con un vascone pieno di ghiaccio e bibite, un altro che confeziona per tutto il giorno macedonie tagliando la frutta senza mai lavarsi le mani, un terzo che ha installato il suo furgone bibitaro sul marciapiede accanto al cancello, e così via. Abusivi e fuori legge. In barba alla strombazzata lotta per la legalità del sindaco sceriffo che però persegue e perseguita solo i migranti. E che ha fatto diventare l'intera città, non solo i solaria (ormai fotocopia sbiadita, sgualcita e maleodorante di quello che furono ai tempi della "primavera catanese"), un immenso immondezzaio. Sembra una fiaba all'incontrario. Lo sapete, no, che ogni fiaba ha il suo contrario? C'è quella in cui a Pinocchio si rimpicciolisce il naso, quella in cui la regina cattiva si guarda allo specchio e si vede cozza, quella in cui Cenerentola schiavizza le sue sorellastre, quella in cui il padrone non è un bastardo...no, scusate, ho sbagliato esempio. Questo non succede nemmeno nelle favole. Comunque avete capito. Ecco: questa sembra la storia dell'alter ego di re Mida che, per essere un fascista (e già questo basterebbe), che per di più da vero fascista odiava i giornalisti e si circondava di velinari, ebbe in dono da Dioniso il potere di trasformare tutto ciò che toccava in sterco. E non è buono manco per concimare. P.S.: Sarebbe carino sapere se il comune di Catania sta pagando comunque per il servizio di pulizia dei solaria.

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