lunedì 30 luglio 2012
NOI, PARTIGIANI DELLA COSTITUZIONE, STANCHI DI VERITA' DROGATE. SOLIDARIETA' AI MAGISTRATI ANTIMAFIA
Da settimane assistiamo allibiti a fatti e dichiarazioni - dalla più alta carica dello Stato, passando per politici di ogni schieramento, fino a giornalisti "embedded" di testate grandi, piccole e inesistenti (le stesse, queste ultime, che fino a pochi anni fa negavano l'esistenza della mafia) - volti a negare che ci sia stata una trattativa fra pezzi dello Stato e Cosa nostra e a decretare l'isolamento e la morte civile dei magistrati impegnati a fare luce su una delle stagioni più buie della nostra mai consolidata democrazia e dei pochi giornalisti che si ostinano a rivendicare il loro dovere di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati.
L'elenco è lunghissimo e ci limitiamo a ricordare soltanto gli episodi più significativi e inquietanti:
1) il primo editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica (che ha fatto da apripista alla successiva decisione del Capo dello Stato) con il quale si bacchettava la procura di Palermo per non avere interrotto le intercettazioni sull'utenza telefonica dell'ex Ministro Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza, non appena scoperto che all'altro capo del telefono c'erano gli uffici del Quirinale: il consulente giuridico di Napolitano, Loris D'Ambrosio, e lo stesso presidente della Repubblica, ai quali Mancino si rivolgeva perché si adoperassero per fare interrompere le indagini a suo carico;
2) la decisione di Napolitano di sollevare conflitto di attribuzione nei confronti dei pm palermitani, accusati di avere violato le sue prerogative;
3) gli insulti di diversi esponenti del Pdl nei confronti del procuratore aggiunto Antonio Ingroia, definito pazzo e fanatico persecutore dal senatore Marcello dell'Utri e falsario e fazioso dal capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto;
4) le dichiarazioni di esponenti autorevoli degli altri partiti che sostengono il governo Monti, Udc e Pd (solo per fare qualche esempio, Casini: "Mi preoccuperebbe essere giudicato da Ingroia"; Finocchiaro: "Quello di Napolitano mi sembra un atto di doverosa prudenza costituzionale"), tutti appiattiti sulla difesa acritica di Napolitano;
5) la richiesta al Csm del consigliere laico del Pdl, Niccolò Zanon, di aprire una pratica nei confronti del procuratore generale di Caltanissetta, Roberto Scarpinato, e di rimettere in discussione la sua candidatura al vertice della procura di Palermo, per la lettera scritta in occasione del ventennale della strage di via D'Amelio nella quale definiva imbarazzante partecipare alle commemorazioni vedendo nelle prime file, nei posti riservati alle autorità "personaggi la cui condotta di vita sembra essere la negazione stessa di quei valori di giustizia e di legalità per i quali" Borsellino si è fatto uccidere;
6) la necessità per Ingroia, diventato "un bersaglio", di accettare l'incarico in Guatemala offertogli dalle Nazioni Unite;
7) la morte per infarto di Loris D'Ambrosio (alla quale forse potremmo aggiungere quella, avvenuta in Namibia, passata quasi sotto silenzio e archiviata per incidente stradale, del gip di Firenze Michele Barillaro - che a Enna e Caltanissetta si era occupato delle indagini sulle stragi Falcone e Borsellino -, che nei giorni precedenti era rimasto senza scorta e aveva ricevuto una lettera con minacce di morte) servita a Napolitano per una durissima invettiva contro una presunta "campagna di insinuazioni";
8) un nuovo editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica in cui si dà degli incompetenti ai magistrati palermitani per la vicenda delle intercettazioni e si accusa l'intera procura di avere "provvisto di munizioni alcuni dei giornali che si sono distinti" nella campagna di insinuazioni di cui parla Napolitano.
Tutte queste vicende ci riportano alla memoria sessant'anni di storia che si ripete ciclicamente, di morti sospette, di misteri, di verità occultate, di compromissioni fra pezzi deviati dello Stato e criminalità organizzata, di manovre golpiste, di magistrati e servitori dello Stato lasciati soli e messi al centro di una piazza in balìa di un tiratore scelto.
Siamo stanchi di verità nascoste, drogate, manipolate, costruite a tavolino. Noi vogliamo sapere la verità sulle stragi di Capaci e di Via D'Amelio e su tutte le altre che hanno costellato gli ultimi sessant'anni della nostra storia.
Siamo stanchi di massimi vertici istituzionali che non fanno gli interessi del Paese e che immolano la democrazia sull'altare dei loro privilegi o prerogative. Presidente Napolitano, perché dice che bisogna cercare la verità e si mette di traverso sulla strada dei magistrati? Perché, Presidente, se è vero (come hanno detto gli stessi giudici palermitani) che in quelle intercettazioni non c'era niente di rilevante, non è stata Lei stessa a diffonderne il contenuto?
Siamo stanchi di vivere nel terrore che un altro attentato o un "incidente stradale" ci privi di un magistrato che per noi rappresenta la speranza di vivere in un Paese in cui la legge sia uguale per tutti. E, se questo dovesse accadere, vi riterremo i mandanti morali.
Noi stiamo dalla parte di Antonio Ingroia, stiamo dalla parte della procura di Palermo, stiamo dalla parte di Roberto Scarpinato. Noi stiamo dalla parte della Costituzione italiana nata dalla Resistenza: siamo PARTGIANI DELLA COSTITUZIONE.
per adesioni: partigianidellacostituzione@gmail.com
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