domenica 3 ottobre 2010

Pirati a Palermo

Avete visto i manifesti che annunciano la festa del Pd a Catania? Esauriti animali, fiori, frutti, alberi, ora si passa alle cose. Nella parte centrale campeggia una lampadina (nemmeno di quelle a basso consumo, che potrebbe suggerire una certa attenzione ai temi dell’ambiente, no: una di quella antiche) accompagnata dallo slogan “Sotto una nuova luce”.
Scusate, ma mi viene da ridere. Perché, da qualunque parte la si guardi, non hanno scampo. Se, putacaso, la lampadina a cui pensavano era Edi, l’aiutante di Archimede Pitagorico, e se dunque pensano di avere fatto una genialata sostenendo il governo Lombardo, c’è solo da compatirli. Convinti di guadagnarci (e sperando di spartirsi l’ampia torta delle clientele, delle consulenze e dei posti di sottogoverno), si ritroveranno con le scarpe sfondate e i guanti di lana bucati a mendicare qualche voto sui marciapiedi e a pietire dall’arraffatutto qualche posto di lavoro precario e in nero per loro stessi o per i loro figli. Se invece – ritenendo Lombardo il salvatore della Patria e dell’umanità – volevano dire di essere di essere stati folgorati sulla via di Palermo, sarebbe stato meglio per la loro dignità e per il bene dei loro elettori se fossero stati folgorati da una scarica elettrica potentissima mentre in gruppo avvitavano la lampadina. D’altra parte, siccome mi rifiuto di credere nell’ingenuità di gente che sta in politica da quarant’anni, l’unica festa che mi viene in mente pensando al Pd è quella dei 18 anni di Noemi Letizia: ci manca solo che arrivi il sultano pedofilo a impalmarli pubblicamente.
E già, d’altra parte, se non proprio nel lettone di Putin ma almeno dietro le quinte qualcosa dev’essere successo e da tempo, se per esempio – parlando di questioni nazionali – fu proprio Massimo D’Alema a buttare a mare la legge sul conflitto di interessi; se Veltroni (che, invece che andare in Africa, dovrebbe passare al Pdl: perché un terzo mondo così in fatto di illegalità non lo trova da nessuna parte) ha candidato il più “padrone” degli imprenditori (quel Massimo Calearo che, in un’intervista a dir poco esilarante, dice che nel Pd – da cui ha già traslocato – ci sono i bolscevichi); se Vannino Chiti, alla notizia della presunta iscrizione di Schifani sul registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa si precipita ad esprimere solidarietà al presidente del Senato piuttosto che agli italiani che se lo ritrovano come seconda carica dello Stato; se la prima carica dello Stato prova il bisogno compulsivo di firmare qualunque porcheria serva al duce; se l’unica volta che hanno candidato un operaio alle elezioni (quel Boccuzzi scampato all’incendio della Thyssen-Krupp) hanno preso uno che secondo i suoi compagni di lavoro votava Forza Italia; se non gli è parso vero che Bossi facesse le sue scuse ai romani (ma non alle istituzioni romane, cioè allo Stato) per ritirare in fretta e furia la mozione di sfiducia nei confronti del ministro ai rutti e alle canottiere; se – scendendo in Sicilia – Anna Finocchiaro non prova nemmeno un briciolo di vergogna a definire persone per bene quelle che stanno dentro il governo di Raffaele Lombardo (indagato per mafia); se un sindacalista ex deputato regionale dei Ds figura fra i questuanti nel presunto libro delle clientele del presidente della Regione; se i dirigenti di quel partito si guardano bene dal privarsi della presenza (e dei pacchetti di voti, immagino) dell’onorevole Wladimiro Crisafulli che – come se non bastasse l’accusa di farsela con i boss – si è fatto beccare recentemente pure per essersi fatto pavimentare a spese della provincia di Enna la strada che porta alla sua villa. E queste sono solo le cose che ricordo a memoria.
Che forse si possono spiegare proprio a partire da una metaforica lampadina, una luce che – secondo un signore che su Internet si fa chiamare Zenadir – trasmetterebbe “l’insegnamento della Via”, per “ricevere una Tradizione che consente il miglioramento del nostro Io, un affinare quelle potenzialità e caratteristiche che ci permetteranno, un giorno, di salire la Scala che collega il pavimento bianco e nero alla volta Celeste, al Delta che illuminiamo proprio perché esso, a sua volta, illumini noi ed i nostri passi”. E via così farneticando.
Citazione per citazione, io ne preferisco una che – alla “luce” delle nuove alleanze politiche siciliane – delinea perfettamente il quadro: “N’arrubbaru lu suli, lu suli/
Arristammu allu scuru,
/chi scuru
/Sicilia chianci!”

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