martedì 17 ottobre 2017

Un incubo che ritorna

Mia nonna aveva un fratello e una sorella emigrati in Argentina. Altri abitanti del suo piccolo paese siciliano, invece, erano andati in Svizzera. I “schizzirisi” li chiamavano, gli svizzeri, come se avessero perso il diritto di essere definiti italiani. Poi c’erano quelli – tantissimi - che, da quel paesino e da ogni parte della Sicilia e del Meridione, emigravano per la Germania. Li riconoscevi quando tornavano in estate con le canottiere da muratore e le macchine tedesche: scassatissime, ma tedesche.
È successo per due terzi del secolo scorso. Milioni di persone costrette a lasciare affetti, case, terreni, pur di lavorare. Qualcuno alla fine riusciva a rientrare, molti morivano coltivando fino all’ultimo il desiderio di non morire da esuli. È finita, no? Adesso viaggiamo in aereo. Adesso bivacchiamo per ore in aeroporti tutti uguali, arredi uguali, negozi uguali, valigie uguali, panini uguali. Adesso stiamo tutti bene. Così ci vogliono far credere.
E invece. Invece Argentina, Svizzera, Germania. Oggi il Rapporto italiani nel mondo di Migrantes fa il quadro della situazione. Immaginate Roma e Milano come se fossero i vasi di due piante da appartamento, prese con tutta la zolla e trapiantate altrove lasciando per casa la desolazione di una scia di terra ormai inutile. Roma e Milano. In totale cinque milioni di abitanti. Tanti quanti gli italiani che risiedono all’estero, che hanno lasciato il loro vaso vuoto e la terra sul pavimento. Destinazioni? Quelle di un secolo fa: Argentina, Svizzera, Germania. Come un incubo che ritorna. Con un’aggravante: se una volta a partire erano prevalentemente giovani uomini che avevano la necessità di mandare di che vivere alla famiglia rimasta a casa, e con la speranza di raggranellare un gruzzoletto che un giorno avrebbe permesso loro di tornare definitivamente, oggi il rapporto Migrantes ci fa sapere che a emigrare è tutta la famiglia – madri, padri, bambini e persino i nonni -, oltre a un quasi 10% di disoccupati disperati, quelli che hanno fra 50 e 64 anni.

Questo ci dice una cosa sola: che è emigrata anche la speranza di tornare, che ha vinto la certezza di morire da esuli. E di questo, prima o poi, dovranno rendere conto quelli che hanno distrutto il lavoro e i diritti: quelli che oggi, invece che salire su un treno di lusso per fare campagna elettorale, farebbero bene a prenderne uno con biglietto di sola andata per il posto più sperduto del mondo, dove non possano fare danni.

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