lunedì 2 ottobre 2017

I Niki Lauda della quarta età

Ottantasette anni. La signora che ieri con la sua auto, a Treviso, ha investito una signora di quarantasei anni, ora in coma, e i suoi due figli bambini mentre attraversavano la strada sulle strisce pedonali ha ottantasette anni.
Non è che se ne avesse avuti ottantasei o ottantotto la questione sarebbe stata diversa, no: è che la signora ha esattamente l’età di mia mamma, che di smettere di guidare non ne vuole sapere e, anche se ancora non ha messo sotto nessuno né si è fatta male, va litigando con muri e marciapiedi. E anche con me e mia sorella, in verità, perché le rare volte che ci chiede di accompagnarla da qualche parte, nella sua lingua “accompagnare” vuol dire che la macchina è sua, che il volante è suo, che le strade sono sue e io o mia sorella – giocando sull’etimologia - dovremmo limitarci al ruolo di dame di compagnia.
E quindi siparietto: scendi guido io, no guido io, e allora non ci vengo e te ne vai da sola, me ne vado da sola non ho bisogno di nessuno. Con crescendo: che vi pare che non sono capace, io a guidare mi diverto, io ho sempre guidato. Come dire che, se hai sempre respirato, a quasi novant’anni non possa accaderti con più facilità di un ventenne che ti venga una polmonite con le conseguenti difficoltà respiratorie.
Ora il punto è: come fai a convincerla, ammesso che non decida di farsi una legge tutta sua, quando la legge è dalla sua parte? E la legge, cioè il Codice della strada, prevede che superati gli ottant’anni la revisione della patente debba essere fatta ogni due anni. Un’eternità, considerato che a quell’età il decadimento fisico e mentale corre veloce, che ci piaccia o no e soprattutto che piaccia o no a mia mamma e a tutti i suoi colleghi Niki Lauda della quarta età. Per inciso, sembra che in Italia esistano più di sessantamila patenti di guida valide intestate a ultranovantenni.
Il fatto è però che questa mattina alla radio ho sentito Giordano Biserni, fondatore e presidente dell’Asaps (Associazione sostenitori amici Polizia stradale), sostenere, più o meno, che devono essere i figli a controllare i loro genitori automuniti perché non facciano cazzate. Allora io un paio di domande a Biserni vorrei farle. Cominciando dalla più banale: e se il signore o la signora ultraottantenne non avesse figli né nipoti né parenti prossimi e se guidare fosse l’unico modo che hanno per sentirsi ancora vivi? E poi: a meno che non siano affetti da demenza senile – e non semplicemente da testa dura come quella di un mulo – cosa vogliamo fare, li teniamo chiusi in casa e magari li leghiamo pure? Non dovrebbe essere lo Stato a proteggere i suoi cittadini più deboli? Magari stabilendo per legge che a ottant’anni, a prescindere dalla lucidità mentale (e a prescindere dagli interessi di case automobilistiche e carrozzieri), la patente dev’essere tolta a tutti. Così magari cominciamo a camminare a piedi e a guadagnarci in salute. E forse evitiamo pure costi sanitari altissimi come quello che sta pagando la signora in coma per essersi frapposta fra l’auto della vecchietta e i suoi figli.
E comunque, signor Biserni, ci parla lei con mia madre?



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