giovedì 30 luglio 2015

Psicologicamente Neet


Il negoziante da cui compravo la frutta circa trent'anni fa aveva un figlio intellettuale. Matteo aveva fatto la scuola superiore e si era voluto iscrivere all'università. La mattina presto caricava le cassette di frutta, aiutava il padre in negozio, faceva le consegne a domicilio e - chissà come faceva - intanto studiava. E si coltivava. Qualche sera lo incontravi a teatro, elegante, consapevole e orgoglioso, vestito scuro e sciarpa bianca alla Fellini, ma suo padre non era contento. "Quello che può guadagnare in un anno con la laurea - diceva - io lo guadagno in un mese". E ancora il consumo di frutta non aveva superato il consumo della carne; e ancora con la laurea trovavi lavoro ed era bellissimo e commovente che anche l'operaio o il contadino o il fruttarolo potesse avere "il figlio dottore".
Lo sapeva Matteo e lo sapeva anche il papà di Matteo che, anche se era preoccupato per le sue condizioni economiche, in fondo era orgoglioso di quel figlio dottore che aveva riscattato tutta la famiglia. Oggi Matteo la penserebbe diversamente, come la pensano diversamente quelli che oggi hanno l'età che lui aveva allora. Sì, perché la cosa più terrificante che ci dice oggi lo Svimez - il Mezzogiorno con le pezze al culo il doppio della Grecia, i numeri sulla disoccupazione giovanile, le donne che non fanno più figli non per la carriera ma perché è un lusso che non possono permettersi - è che i giovani del sud ritengono che non sia necessario e utile studiare: "Si inizia a credere che studiare non paghi più, alimentando così una spirale di impoverimento del capitale umano, determinata da emigrazione, lunga permanenza in uno stato di disoccupazione e scoraggiamento a investire nella formazione avanzata", spiega lo Svimez.
Praticamente una generazione di Neet: magari studiano, prendono la laurea triennale, poi la specialistica, un master, vanno a perfezionarsi all'estero, ma sono tutti psicologicamente Neet. E finirà che non studieranno più, diventando una generazione di sudditi. E finirà che il dottore vorrà il figlio almeno operaio.
Anche Matteo, che oggi è dottore dopo aver vinto le resistenze iperprotettive del padre, sono certa che oggi per il proprio figlio vorrebbe almeno un posto da operaio.
Ma Matteo - quell'altro, quello che ha finito di distruggere l'Italia è si è fatto sbeffeggiate dall'Fmi, secondo cui prima di vent'anni non ci sarà ripresa - non aveva detto, il primo dicembre 2014, che se a natale ci fosse stato ancora un solo disoccupato si sarebbe dimesso? Di quale natale parlava? Questo Matteo dovrebbe togliersi il cappello davanti a quell'altro Matteo e a tutti quelli che continuano a studiare fra mille difficoltà e dovrebbe fare l'unica cosa buona della sua vita: liberare l'Italia dalla sua presenza.

2 commenti:

  1. condivido in pieno quanto scrivi faccio solo una precisazione sul desiderio che i figli facciano gli operai purtroppo anche in questo il matteo, con il job acts ha creato i presupposti per la schiavizzazione degli operai

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    1. Sono d'accordo con te e ha cancellato tutti diritti conquistati con le lotte operaie. Il mio era solo un espediente "letterario", ma so bene quanto danno ha fatto. :)

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