domenica 1 agosto 2010

Milazzismo 2010. Cinquant'anni fa, dopo, arrivò Tambroni.

Scritto circa un mese fa per il numero di Botteghe oscure in uscita in questi giorni, questo articolo risente dell'impossibilità di "stare sulla notizia". Restano, comunque, le analisi e le perplessità sull'ostinazione di una parte del Pd a proporre un osceno sostegno a Lombardo e sull'opposizione dell'altra parte del partito, non certamente dettata da questioni morali, dal momento che la proposta alternativa è l'alleanza con l'Udc di Totò Cuffaro.

“Pensate: io sono sempre stato comunista, ma così comunista, che quand’ero bambino mi volevo mangiare da solo”.
Battuta strepitosa, chissà quanto ci aveva studiato Rosario Crocetta, supercomunista e supereroe dell’antimafia, prima di lanciarla come un petardo in mezzo alle gambe di centinaia di ragazzi adoranti e incantati nel corso di un comizio a Catania.
Poi dev’essersene dimenticato. Sia di essere comunista che di essere antimafioso. Lui e Beppe Lumia, che gli è stato sempre vicino nelle battaglie contro i boss tanto da essere diventato un pezzo dell’arredamento della stanza dell’ex sindaco di Gela. Crocetta si è trasferito al Pd per traslocare a Strasburgo e se n’è persa traccia, riapparendo solo per dare il placet alla porcheria – in nome dei “bisogni del territorio”- messa a segno nella sua città, dove il suo candidato, Angelo Fasulo, è stato eletto grazie ai voti dell’Mpa. Lumia, che al Pd c’era già, si è trasferito dall’Antimafia in un altrove politico “lunardiano” per approdare a Palazzo d’Orléans. O forse perché gli brucia ancora il risultato delle primarie per l’elezione a segretario regionale del partito: certo della vittoria, si ritrovò con un misero 30% battuto da uno dell’Opus dei.
Anche lui spiega la peggiore delle porcherie – dare legittimazione al governo di Raffaele Lombardo, degno successore di Cuffaro – con superiori necessità dei siciliani, come fece oltre cinquant’anni fa l’allora segretario regionale del Pci, Emanuele Macaluso, dando vita a quell’operazione contronatura (Pci e Msi al governo insieme a un pezzo di Dc) che va sotto il nome di milazzismo. Ora, a parte che governare con i fascisti oggi come allora per uno che si dice di sinistra dovrebbe essere raccapricciante; a parte che questo tipo di inciuci in Sicilia ha sempre ottenuto le attenzioni benevole della mafia (non dimentichiamo Sicilia libera, il partito fondato nel 1993 da Leoluca Bagarella); a parte che Lombardo è indagato per mafia; a parte che sostenitore di un governo del partito del sud guidato da Lombardo è Gianfranco Miccichè, esponente del governo Berlusconi-Tremonti affamatore del Mezzogiorno; a parte che ci vorrebbe lo psicanalista; evidentemente la storia nulla ha insegnato a Lumia.
E’ proprio uno storico, Salvo Distefano, presidente dell’Associazione etnea di studi storico-filosofici, a spiegarci infatti l’analogia “in negativo” con il milazzismo, un’alleanza che “tenne per poco tempo” perché portatrice di interessi molto diversi fra loro, e a sottolineare come nel senso comune si sia perso il concetto che “i partiti devono essere i rappresentanti politici di interessi di classe”. E, pur senza l’ingenuità di pensare che il Pd possa essere il partito dei ceti deboli, fa notare che non può porsi nemmeno alla testa di uno schieramento democratico se non si mette contro il sistema di potere dominante in Sicilia, che è quello della Dc comunque si chiami oggi: perché “Lombardo – ricorda Distefano – è uomo di potere della Dc, cresciuto nella giovanile Dc, a scuola dai salesiani...”. Distefano ricorda che il milazzismo (come molti eventi storici siciliani, determinanti per il Paese, dall’impresa dei mille ai fasci siciliani, fino ai fatti del 1992-93 dai quali derivò il passaggio dalla I alla II repubblica e poi la nascita di Forza Italia per la quale fu determinante il siciliano Marcello Dell’Utri) aprì la strada al governo Tambroni e alla crisi del centrosinistra ed è certo che “la sconfitta di Lombardo e del Pd è nelle cose”. Secondo lo storico, il fallimento sta proprio nella “politica come la fa Lumia, a colpi di personalismi e di emotività” e “dimostra la pochezza di un’antimafia sociale che non parte dall’analisi degli interessi economici”. Mentre “per avere un’altra antimafia bisognerebbe avere i legami sociali che negli anni Cinquanta e Sessanta aveva il Pci”.
Un po’ di dietrologia sulla scelta del senatore abbiamo chiesto a Orazio Licandro, della segreteria nazionale dei Comunisti italiani, che con Lumia ha condiviso il lavoro in Commissione antimafia nell’ultima legislatura dei comunisti in Parlamento. Licandro parla di “torsione pazzesca”, pur escludendo recisamente collusioni o compromissioni, e lancia un’ipotesi che colloca il senatore del Pd in un quadro di ingenuità molesta, premettendo che “tutti la bolleranno come malignità”. Per Licandro, l’idea di Lumia sarebbe di andare a fare il sindaco di Palermo all’insegna di un trasversalismo che rompe gli schemi centrodestra/centrosinistra. “Legittimo – aggiunge -, assai meno con quei compagni di strada. Ma come si fa a proporre un’alleanza nel segno della rottura dei vecchi schemi col Pdl Sicilia che ha i suoi patroni in Miccichè e Dell’Utri? Che si voglia dire che Dell’Utri è il nuovo... perfino i miei figli di sei anni si mettono a ridere!”. Il dirigente della FdS ricorda quindi che Lombardo non ha mai rotto con il centrodestra e che “è sempre in ginocchio a chiedere da Berlusconi”, di cui Miccichè “è l’uomo di fiducia” e prevede che l’unico a farsi male sarà proprio Lumia, perché “resterà invischiato, ostaggio e vittima” e in più “chiuderà definitivamente con la possibilità di ricostruire il centrosinistra in Sicilia. E’ la stessa operazione che ha fatto Veltroni: convinti che dalla loro decisione passi la palingenesi di tutto. Sono fuori dal mondo!”
Mentre scriviamo non sappiamo com’è andata a finire. La direzione regionale del Pd si è appena conclusa con la conferma delle posizioni: un pezzo (Lumia) che continua a seguire le sirene lombardiane, l’altro che prende le distanze; mentre Gianfranco Miccichè, dato come prossimo Ministro dello Sviluppo economico, dice che non aspira a un ministero a meno che non sia – spiega – “per il tornaconto di alcuni miei amici”. E viene il freddo solo a pensare di quali amici si tratti.

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