venerdì 3 gennaio 2020

Ucciso da un robot

«Io lo so che prima o poi sarò sostituito da un robot». Eravamo andate, mia sorella e io, qualche giorno fa in un grande negozio di elettrodomestici a chiedere informazioni: ovviamente avevamo già visto quello che ci interessava su internet e glielo abbiamo detto, ma avevamo bisogno di confrontarci con un essere umano. Lui, appunto: umanissimo, più o meno trentenne, con uno sguardo dolce e rassegnato, conveniva sul fatto che parlare era meglio che «navigare». E però «io lo so che prima o poi sarò sostituito da un robot». Non c’è bisogno di essere luddisti per sapere che le macchine sostituite indiscriminatamente alle donne e agli uomini, sacrificati sull’altare del profitto, quelle macchine che non chiedono ferie, diritti, congedi di maternità o di paternità, sicurezza sul lavoro, prima o poi quel lavoro lo uccideranno. In qualche caso non metaforicamente.
Eppure quello che è successo ieri, 2 gennaio, ad Atessa, in una fabbrica di manutenzione degli stabilimenti ex Fiat, sembra proprio la metafora di quello che succederà, delle macchine che uccideranno i lavoratori: Cristian Perilli aveva 29 anni, forse era contento di non essere stato costretto a emigrare come tanti suoi coetanei ed è stato schiacciato da un robot. Ucciso da una macchina, lui e il suo lavoro. E in questa foga di stilare classifiche – il primo bambino nato nel 2020, l’ultima centenaria sopravvissuta al 2019, la prima mano amputata per i botti – a lui è toccato il titolo di primo morto sul lavoro di quest’anno. Magari avrebbe fatto volentieri a meno di questo primato.
Magari avrebbe fatto volentieri a meno della solita ipocrita nota di Fca che esprime «profondo cordoglio e vicinanza alla famiglia per la tragica scomparsa».
Magari avrebbe preferito che l’azienda, invece di battersi il petto dopo, avesse investito prima in misure di sicurezza e che qualcuno ne controllasse il rispetto. E magari che qualcuno prevenisse in maniera seria questo sterminio sistematico di massa: altrimenti può darsi che ci venga il sospetto che tutto ciò serva a farci preferire di essere sostituiti da un robot piuttosto che esserne uccisi.  

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