mercoledì 25 gennaio 2017

Un mare di puntini

Facciamo così: installiamo accanto alle porte di ingresso di procure, caserme dei carabinieri e commissariati di polizia delle macchinette sforna intercettazioni. Come quelle dei preservativi. O come il juke-box: ci metti cinquanta lire, una cantata; cento lire, tre cantate. In graziose confezioni colorate, tipo Durex. Stimolante, per gli italiani assuefatti a tutto, dalla corruzione alla mafia, nella speranza che almeno un po’ prima o poi s’incazzino; ritardante per i grillini che hanno l’incazzatura praecox ma solo se non sono coinvolti i loro rappresentanti.
E i giornali li chiudiamo. Tanto, se continua così, non serviranno più a molto.
Va bene, sono una provocatrice. Ma lo faccio perché vorrei sollevare il dibattito.
Sto parlando, ovviamente, dell’uso invalso negli ultimi anni di fare cronaca giudiziaria con il copia e incolla delle intercettazioni telefoniche. Quindi riportando due frasi essenziali annegate in un mare di rutti, colpi di tosse, sospiri, starnuti, nasi soffiati, grugniti, risatine, ammiccamenti, sghignazzi, singole sillabe senza senso e milioni, miliardi di puntini di sospensione. Un blob di puntini di sospensione che tutto inglobano e uccidono.
Insomma, io di tutti quegli spernacchiamenti non ci capisco niente e da un giornalista – pure da uno pagato poco e pur conoscendo le difficoltà a fare bene il mestiere se ti pagano poco – mi aspetterei che leggesse le carte e le analizzasse per poi raccontarmele, spiegarmele e anche commentarmele. E dopo, ma solo dopo, alla fine dell’articolo, per completezza, se vuoi alleghi tutto lo “sbobinamento” della telefonata intercettata.  

Altrimenti vado alla macchinetta, ci metto cinquanta lire, mi porto a casa un pacchettino fucsia fluorescente pieno di rutti, colpi di tosse, sospiri, starnuti, nasi soffiati, grugniti, risatine, ammiccamenti, sghignazzi, singole sillabe e puntini, e mi faccio un assolo di congetture.

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