Quanti
cessi ci sono alla Oerlikon Graziano di Bari? La domanda non è stravagante, perché i padroni
della fabbrica siderurgica hanno appena emanato una direttiva in base alla
quale dal prossimo 14 novembre i lavoratori dovranno concentrare tutti insieme l’espletamento
delle funzioni fisiologiche all’interno di sole due pause di nove minuti
ciascuna. Vuol dire che se ti scappa pipì alle 9,30 e la prima pausa è alle 11,
te la tieni per un’ora e mezza a rischio di farti esplodere la vescica. Oppure
vai al lavoro con il pannolone. Giusto per fare l’esempio meno drammatico e non
volendo tenere conto di chi ha la vescica debole o dei lavoratori maschi più
anziani con la prostatite. Mettiamo, dunque, dei pisciatori medi. Pure così io
me li immagino al momento del suono della campanella a correre e farsi gli
sgambetti e guardarsi con odio per arrivare primi alla porta del cesso, a fare
file interminabili, a contorcersi nell’attesa che gli altri abbiano finito, a
sudare freddo e a lasciare andare qualche goccina un istante prima di essere
riusciti ad abbassarsi le mutande. E non vorrei essere nei panni del
quattrocentoventesimo. Già, perché i dipendenti della Oerlikon Graziano non
sono poche decine ma, appunto, quattrocentoventi. Volendo fare un rapido
calcolo e ponendo un tempo x per ogni pipì, mettiamo due minuti, per farla
tutti di minuti ne occorrerebbero 840, molti di più dei nove previsti. Perché
poi è realistico che se tutti se la tengono quando gli viene, alla fine saranno
tutti ad avere bisogno di farla in quello stesso lasso di tempo.
E non oso pensare alla cacca: se uno invece di farla
in un paio di minuti – ipotesi impossibile, a meno di un attacco di
gastroenterite -, se uno ha qualche problema di stipsi e impiega dieci minuti
consumando tutto il tempo che sarebbe occorso agli altri 419, che si fa? Arriva
un controllore addetto alla cacca e lo blocca mentre la sta facendo? Alt, tempo
scaduto. Ti multano? Lei deve pagare dieci euro ogni minuto in più utilizzato.
Però l’azienda è buona: ha previsto “la possibilità di
interrompere l'attività lavorativa per esigenze fisiologiche improcrastinabili”.
Com’è umano lei, direbbe il ragionier Ugo Fantozzi. Tutto bene allora, no? No,
perché c’è una clausola, una postilla, come quelle scritte in caratteri
illeggibili in fondo ai contratti con le compagnie telefoniche: la pausa extra
ti viene garantita, però “previa autorizzazione del proprio responsabile”. Cioè
tu ti stai cacando sotto a causa della peperonata della sera prima, vai dal tuo
capo, accendi un cero alla madonna nella speranza che ti riceva subito, gli
racconti i cazzi tuoi diciamo “intimi” e forse, dopo una decina di minuti e se
non ha i coglioni girati per questioni sue personali, ti firmerà un
“lasciacacare” grazie al quale potrai volare, leggero come una piuma, verso
l’agognato cesso. Che realisticamente non ti servirà più. Altrimenti dovrai
aspettare la famosa pausa e metterti in fila. A meno che i lavoratori non siano
tutti maschi e per loro non venga costruito un apposito muro del piscio grazie
al quale giocare a chi la fa più lontano come facevano da ragazzini.
Perché – e qui ripeto la domanda – quanti cessi vuoi
che ci siano all’interno di una fabbrica? Escluso che ce ne siano 420 e che
l’azienda decida di investire per aumentarne il numero per venire incontro alle
esigenze dei lavoratori, mi sentirei di affermare che ce n’è uno solo: il
padrone, in quanto categoria.
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