martedì 29 gennaio 2013

La contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmareragusano

Alla fine - giusto per fugare qualche residuale dubbio - la molto ex compagna Sua Eccellenza, Granduff, Sen. Anna Finocchiaro Fidelbo ha gettato la maschera. La cosiddetta gaffe dell'alter ego della Santanchè ha già fatto il giro del mondo (almeno di quello degli internauti): alla Gelmini feminist-style improvvisamente consapevole del proprio ruolo che obiettava come le donne nelle liste abbiano una funzione decorativa, la molto ex compagna rispondeva con la sua solita inflessione oxfordiana e facendo uso di termini lombardi: "Stiamo parlando di parlamentari, mica di bidelle". Mi permetto - ovviamente genuflettendomi come si conviene al rango - di ricordare alla contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmareragusano che: 1) quello della bidella è un lavoro umile ma dignitoso; 2) il Parlamento attuale pullula di deputati e deputate che esercitano il meretricio (e non certamente per bisogno o per violenza) quindi forse è più onorevole il mestiere di bidella; 3) last but not least, le bidelle hanno raccolto il vomito e sedato con un canarino - tenendo loro la mano - il mal di pancia delle sue figlie mentre lei e suo marito erano impegnati rispettivamente a varare leggi spesso contro le bidelle e gli altri lavoratori (una a caso: quella riforma Fornero che Sua eccellenza definì "un ottimo compromesso riformista") o a informatizzare ospedali. Stiamo parlando di bidelle mica di senatrici.

domenica 27 gennaio 2013

Italiani in pista

A volte mi chiedo se i miei colleghi si rendono conto della gravità delle cose che dicono. E quelle volte mi trovo a sperare che ci sia il dolo dietro le loro parole, ché almeno ti puoi incazzare, perché se fosse stupidità sarebbe disarmante. Per quanto il dolo di una notizia drogata in una radio, un giornale o una tv che dovrebbe essere di sinistra, durante la campagna elettorale, può significare solo una cosa: che hanno preso i soldi. E ti fa incazzare doppiamente. La frase di oggi, scelta come titolo di una notizia (e noi sappiamo bene che la gente spesso ascolta e/o legge soltanto i titoli), è questa: "Alla faccia della crisi, gli italiani tornano in pista". La reazione immediata è di dubbioso smarrimento: "Cazzo, e io dov'ero? Cos'è successo mentre ero assente? Ma davvero Monti (con il Pd che ha governato con lui ed è il partito di riferimento di quella radio) alla fine ce l'ha fatta a rimetterci in sesto?" Dopo di che ci spiegano che gli italiani in questione sono quelli che normalmente vanno a sciare. Che - anche se non vorrei cedere a generalizzazioni - non è che siano esattamente quelli con le pezze al culo: di solito hanno un paio di stipendi di tutto rispetto e qualche chilo di pigne in testa. Insomma questi non c'erano andati più e tu subito pensi che è vero che la crisi ha colpito tutti. Ma arriva l'intervista rivelatrice. No, non - come si potrebbe pensare e sarebbe logico - a un sociologo che spieghi il fenomeno oppure al presidente di Confcommercio di una regione o a quello degli albergatori di una provincia montagnarda che suffraghi la tua tesi con dati e statistiche, ma un maestro di sci. Che spiega due cose semplici semplici: gli italiani (cioè sempre quelli con i soldi che non hanno mai smesso di averli) sono tornati "in pista" perché è nevicato e perché c'è il sole. Ergo: non c'erano andati unicamente perché non c'era la neve, che sarebbe l'elemento essenziale per andare a sciare. Non so com'è, ma questa storia mi ricorda un tizio che mentre gli italiani (quelli veri) già rovistavano nei cassonetti alla ricerca di resti di cibo, sosteneva che i ristoranti erano pieni e per comprare un biglietto aereo dovevi fare la fila.

venerdì 18 gennaio 2013

Mi piace non mi piace

E così anche Mario Monti non ha saputo resistere ed è approdato su Facebook. Buon (?) ultimo dopo "Mario Lobby Monti", "Bloody Mario Monti", "Mario Monti uomo di Merda", "Questa carota avrà più fans di Mario Monti", "Contro Mario Monti presidente del consiglio", "Ma chi cavolo è 'sto Mario Monti" e molti altri, il Mario Monti vero - cioè il peggiore di tutti quelli che stanno su Fb - nella sua pagina ci fa sapere di aderire al motto "chi si loda s'imbroda" e contestualmente ci comunica di avere salvato l'Italia dalla crisi finanziaria. Ma nessuno ci farà caso: ormai è di moda dire tutto e il contrario di tutto, affermare e smentire, dichiarare e ritrattare, lodarsi e imbrodarsi appunto. Comunque sia, e come era facile prevedere, in mezza giornata Mario Salvatore(dell'Italia) Monti ha subito collezionato alcune centinaia di "mi piace". Ed è proprio su questo che vorrei soffermarmi perché - come sa bene chi mi legge e mi conosce - io "c'ho la fissa" delle parole e dei loro significati. Che non dev'essere solo mia se una collega ha sentito il bisogno di precisare nel suo "stato" che stava per mettere il "mi piace" sulla pagina di Monti ma soltanto per questioni professionali. Io no, non ce la faccio. Per me "mi piace" vuol dire mi piace e "non mi piace" vuol dire non mi piace. Non ce la faccio a mettere "mi piace" - anche se so bene che sarebbe l'equivalente di una ricevuta di ritorno di una raccomandata - quando un amico (e qui ci sarebbe da aprire un dibattito sugli amici di Fb: 10% amici, il resto gente di cui non sai che faccia abbia, semplici conoscenti, gente che ti sta sul cazzo, gente a cui stai sul culo...) comunica una notizia spiacevole. Io non ce la faccio: mi dispiace, ma non mi piace mettere mi piace. Io se un amico (termine che, non a caso, ha la stessa radice del verbo amare) perde una persona cara gli telefono e gli dico mi dispiace. O, se vogliamo adeguarci alla nuova dittatura linguistica, I Dislike. E non ce la faccio - anche se questo mi impedisce di informarmi sulle puttanate che fa e che dice - a mettere "mi piace" sulla pagina di Monti, come su quella del putrefatto che ha svenduto la sua terra a un governo mafioso in cambio del sostegno alla sua candidatura a sindaco simil-giovane, o ancora su quella di una soubrette in disgrazia che pur di stare sulla scena si mette da sola una bomba davanti al portone di casa. Per questo vorrei rivolgere una richiesta a Mark Zuckerberg: se per piacere può aggiungere accanto al "mi piace" un altro tasto con su scritto: "Ti considero un cesso, ma ho bisogno di tenermi informata su di te". Click

mercoledì 16 gennaio 2013

L'uomo, il cane e la notizia

E' una delle prime cose che t'insegnano quando cominci a fare questo mestiere e lo sanno tutti, pure quelli che fanno altri mestieri: non fa notizia il cane che morde l'uomo, ma l'uomo che morde il cane. Oggi però dalle campagne della provincia di Messina arriva una (non)notizia che ha per protagonista un cane e un uomo: l'uomo sta male, ha 80 anni, il cane - che non è neppure il suo cane ma quello del vicino e che per di più lui non sopportava - si è messo ad abbaiare a distesa finché il suo padrone non si è allarmato e ha soccorso l'anziano. Il cane non ha fatto come avrebbe fatto qualunque uomo: "Io ti sto sul cazzo? E allora crepa!" Non se l'è nemmeno posto il problema: quell'uomo andava aiutato e lui lo ha fatto. E non è l'unico esempio, come non lo sono i gatti che ti si mettono accanto per giorni quando stai male o che si lasciano morire con te. Forse sarebbe il caso di calibrare il giornalismo sulla cattiveria degli uomini e stabilire una nuova regola: che il cane (o il gatto) che aiuta l'uomo non fa notizia. Sarà una notiziona quando gli uomini cominceranno ad essere "umani" come gli animali e dare la vita per loro.

martedì 15 gennaio 2013

La funzione crea l'organo

La notizia è drammatica, come quando c'è di mezzo una guerra - anche e, anzi, soprattutto se te la spacciano per missione di pace -, ma ha il suo risvolto "irotico", che sarebbe una crasi fra ironico ed erotico. Insomma, ai militari tornati dall'Afghanistan e dall'Iraq non tira più. O, per dirla con il linguaggio asettico delle agenzie, "i programmi di assistenza sanitaria per i reduci hanno registrato negli ultimi sei anni un triplicarsi della spesa per Viagra ed altri medicinali per disfunzioni erettili". E questo - stando ai numeri del Dipartimento statunitense per i veterani - è costato agli americani soltanto nell'anno appena concluso quasi 72 milioni di dollari che non so quanto fa in euro, ma certamente potrebbe servire per regalare agli stessi soldati un lavoro nuovo oltre che tanti libri e qualche viaggio con le loro donne. Basterebbe questo per ridurre notevolmente i "casi di disturbo da stress post traumatico e depressione". Non vorrei infierire, ma sono almeno quarant'anni che ve lo ripetiamo: fate l'amore, non fate la guerra. E siccome, come direbbe Lamarck, "la funzione crea l'organo" (quello, appunto), vedrete poi come vi si drizza. Anche il cervello.

domenica 13 gennaio 2013

Milano vicino alla Sicilia

"Milano vicino all'Europa, Milano che banche che cambi" - come diceva, con consueta sottile ironia, Lucio Dalla - o Milano vicino alla Sicilia? A giudicare dalle parole pronunciate oggi - in perfetto stile mafioso - dall'ex sindaco Gabriele Albertini, candidato al Senato del "moderato" servo dei banchieri, si direbbe piuttosto la seconda che hai detto. Albertini ce l'aveva con Formigoni (altro bel tomo) che lo accusava - da che pulpito! - di essere un poltronista e lo ha "avvertito" con queste parole: "Non mi inquieti troppo perché posso fare dichiarazioni che lo metterebbero a terra e lui sa di cosa sto parlando". E, se non bastasse, ha aggiunto: "I colloqui che hanno riguardato alcuni argomenti molto vicini a lui sono avvenuti nel mio ufficio e sappiamo di cosa sto parlando". Fosse successo in Sicilia, tutti avrebbero gridato all'avvertimento mafioso. E in effetti di questo si tratta. Mi piacerebbe sentire cosa ha da dire in difesa del suo candidato di punta in Lombardia il presunto integerrimo professor Monti e mi piacerebbe che l'uomo del loden mi spiegasse perché Albertini, se sa delle cose su Formigoni, perché non è corso subito in procura a denunciarle come farebbe qualunque onesto cittadino e come dovrebbe fare un uomo delle istituzioni, invece di conservare la pezza "pi quannu veni u purtusu" e usarla come l'ultimo dei ricattatori. Ora ci manca solo che Casini, l'altro rispettabile alleato di Monti, metta l'ennesima mano sul fuoco a testimonianza dell'integrità di Albertini, come aveva già fatto con il suo amico Totò da Raffadali, momentaneamente residente a Rebibbia. E poi dicono che non è vero che la mafia si è trasferita al Nord.

mercoledì 9 gennaio 2013

Massimo Catalano ministro del Lavoro

"È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze". I più giovani non se lo ricordano sicuro, qualcuno - la gran parte di quelli che si trovano a fare i conti con una disoccupazione da brivido - non era ancora nato ai tempi di "Quelli della notte" e di Massimo Catalano personaggio surreale campione di ovvietà. E non sanno che si sono persi. Per fortuna che c'è LA Fornero che lo sostituisce egregiamente. Intervistata ieri a Radio Capital a proposito della pubblicità McDonald che - non potendo più contare sui suoi panini lardosi capaci di attrarre soltanto qualche cerebroleso con sfumatura alta - cerca di richiamare clienti parlando di sé come di un'azienda che assume (ma lontana dai fasti del primo Berlusconi che prometteva un milione di posti di lavoro: questi sono solo tremila), dove si fa carriera in un lampo e i dipendenti sono realizzati, sorridenti e soddisfatti, all'obiezione della Cgil che fa notare come si tratti spesso soltanto di contratti a tempo determinato, IL ministro ha detto una cosa alla Catalano: "Anche un lavoro a tempo determinato è meglio dell'assenza di lavoro". Ma che cazzo dici? Va bene che fra poco tornerai per nostra fortuna ad essere la signora snob da tè delle cinque che dà del tu alla donna di servizio con la scusa che la considera una persona di famiglia (pronta a licenziarla, ci scommetto, se la cameriera si permette di ricambiare la confidenza), ma al momento sei ancora IL ministro (maschio, perché sei peggio di un maschio): posso dirlo io dopo anni di disoccupazione, possono dirlo le migliaia di miei coetanei ultracinquantenni disoccupati da anni che neppure rinunciando alla loro professionalità, alle loro lauree e alle loro specializzazioni trovano più uno straccio di lavoro, possiamo dirlo noi che anche un tempo determinato o un part-time o un lavoro squalificante è meglio che niente. Tu no: tu sei il ministro e devi trovare soluzioni. Fortunatamente con te (ti do del tu perché ti considero una di famiglia, visto che ti aggiri quotidianamente per le nostre case e che presto prenderai un calcio in culo come la cameriera che mette la polvere sotto il tappeto) e con il governo del tuo degno amico Mario Monti fra meno di due mesi non avremo più niente a che fare. Perché una volta alle urne gli italiani risponderanno quello che ha risposto qualche giorno fa una signora anziana (e fino a quel momento assolutamente mite) a una giornalista che le chiedeva cosa volesse dire al governo che ci ha ridotti così: "Lipozzinammazzalli". Dopo di che chiunque andrà a fare il ministro del Lavoro, persino Massimo Catalano, difficilmente farà peggio di Elsa Fornero.

mercoledì 2 gennaio 2013

Evitato il fiscal cliff: a fera o luni gioisce

Oggi tutti i giornali e tutti i tg hanno aperto con i fuochi d'artificio, euforici perché Barak Obama è riuscito a strappare il sì del congresso americano alle tasse per i superstraricconi (salvando i ricconi e gli straricconi), evitando così il fiscal cliff. E dunque: "I mercati mondiali corrono dopo l'accordo alla Camera Usa contro il 'baratro fiscale'" (Repubblica); "Le borse festeggiano - con Milano che ha chiuso a +3,8% - e il differenziale tra Btp e Bund ai minimi da un anno a 285 punti" (Il Fatto quotidiano); "Per i mercati l’intesa a metà raggiunta fra repubblicani e democratici sul 'fiscal cliff' è sufficiente a stappare lo champagne (La Stampa); "Inizia bene l'anno per le principali Borse europee, favorite dal via libera alla legge di bilancio Usa" (Il Sole 24 Ore); "I mercati europei brindano all'accordo e dopo un'apertura in netto rialzo aumentano i guadagni" (Corriere della Sera). Ma di quali borse parlano? Di quali mercati parlano? Ah, sì: le borse sempre e comunque vuote della gente e i mercati, già i mercati. A Catania il più grande si chiama "A fera o luni" (perché una volta si teneva soltanto il lunedì), poi c'è "a piscaria", ci sono i mercati rionali e la domenica c'è il mercato delle pulci. Da qualche tempo stracolmi: perché i superstrapoverissimi - cioè, praticamente ormai quasi tutti - nei (super)mercati ormai non ci possono andare più a fare la spesa e nemmeno ai "grandi magazzini" a comprarsi i vestiti e gli unici mercati che gioiscono, sempre più affollati, sono appunto quelli con le bancarelle en plein air. E la domenica il mercato delle pulci: dove la gente ormai si compra pure le mutande di seconda mano.